Lu & Lo in the Artic
950
km di pedalata nel nord del nord, ossia a nord del circolo polare
artico.
30 Maggio-14 Giugno 2008
Foto
File per google-earth (caricare in
google-earth e cliccare il tasto play)
Elenco completo dell'attrezzatura
Indietro
Nuova avventura per Lu & Lo. Dopo il bellissimo viaggio in bici in
Sardegna a fine aprile, si accorgono che in Italia sta per arrivare in
grande caldo (come è normale da quando è finita la Piccola Età
Glaciale e siamo in pieno riscaldamento globale): e' necessario un
giretto nel nord del nord, ossia oltre il circolo polare artico.
IL GIORNO DELLA PARTENZA
La partenza e' traumatica. Bisogna
arrivare a Malpensa partendo dalla casa di Pavia con le bici negli
scatoloni di cartone e il bagaglio ultracompresso in due grandi sacche
da granaglie del consorzio agrario di Borgorose. L'impresa e'
drammatica, dopo il primo viaggio casa-stazione di Pavia in 8 minuti
contro i 12 soliti, Lo torna a casa a prendere il resto del bagaglio e
batte tutti i record al ritorno: 4 minuti con 20 kg di sacco da
granaglie privo di spallaccio. Prossimo all'infarto acuto del
miocardio, scopre che il treno è in ritardo...e per la prima volta da
quando viaggia è contento! Alla stazione centrale di Milano nuovo
principio di infarto a causa delle scale mobili rotte (come sempre) e
dei cantieri: via via via, andiamo via da questo orribile posto!
A
Oslo arriviamo con un discreto ritardo, dobbiamo anche ritirare bici e
pacchi per passare la dogana: siamo fuori dall'UE, ci vuole il
controllo di sicurezza prima del volo interno. Le bici vengono
scaricate poco cerimoniosamente, lanciandole dall'aereo sulla
pista. ARGH! Per fortuna entrambe riporteranno solo piccoli danni al
portapacchi e niente di serio. Riusciamo in extremis a rifare il
check-in e via di corsa al gate, mentre l'altoparlante dell'aereoporto
ci sta gia' chiamando. Al security check ci sequestrano il
pericolosissimo olio extra-vergine (50 ml in una bottiglietta di
plastica da 500 ml: fatale errore, la bottiglia deve essere da massimo
100 ml indipendentemente dal contenuto!) e due barattoli di ragu' da
110 ml l'uno: sicuramente abbiamo intenzione di usarli per fare
esplodere l'aereoplano. Arriviamo piegati al gate e la signorina
impietosita chiede a Lo: "Is everything OK?". Lo risponde lapidario:
"NO!"
Sull'aereo per Bodo siamo meno di 15 persone, ci accomodiamo
in business class e ci riprendiamo rapidamente guardando i
meravigliosi fiordi e i ghiacciai su cui voliamo. Iniziamo a temere il
freddo, vedendo che il livello della neve e' piuttosto basso. Sul GPS
l'orario del tramonto locale continua ad aumentare e quello dell'alba
a diminuire, finche' (a nord del circolo polare) vediamo finalmente
"Sunrise --:--" e "Sunset --:--". Niente tramonto ne' alba per due
settimane!!
Arriviamo all'aereoporto di Bodo alle 00.30 e i
bagagli arrivano subito. Si inizia a montare le bici e a sistemare le
borse: tutto ha resistito egregiamente al trauma di due imbarchi e
sbarchi! Arriva una gentile signorina che ci dice che l'aereoporto
chiude: appena avremo finito dovremo uscire dalla porta che si
chiudera' ermeticamente dietro di noi. Però ci lasciano dentro finchè
non abbiamo finito di attrezzare le bici, che gentili! Usciamo
dall'aereoporto all'una e mezza di notte: miracolo, c'è il sole
all'orizzonte, sembra una qualunque serata! La luce e' normale e la
gente passeggia a piedi e in bicicletta. Ci dirigiamo verso il centro
della citta' e decidiamo di fermarci ad un alberghetto che
incrociamo. Ottima scelta: molto confortevole, pulito e non
costoso. Ci lasciano perfino mettere le bici al sicuro nella stanza
dei bagagli (ma poi scopriremo che nel nord della Norvegia il furto
non esiste!). La doccia e' spettacolarmente calda e il piatto doccia
e' l'intero bagno con il pavimento riscaldato!! Il letto ha un
fantastico piumone e ben presto perdiamo conoscenza grati
dell'accoglienza.
PRIMO GIORNO
La mattina dopo, un'altra
meravigliosa sorpresa: la colazione a buffet e' ricchissima e Lu e Lo,
che hanno fatto l'ultimo pasto a Pavia, danno spettacolo avventandosi
su cioccolata calda, pesce con ketchup, muesli, polpette di carne,
succo di frutta, marmellata di mirtilli sul pane nero alle noci,
fagioli al pomodoro, crema di cioccolato e yogurt da bere: tutto
tracannato copiosamente in una luminosa sala in compagnia di
pensionati e una allegra famigliola. Diventiamo ciccioni a vista
d'occhio, ma avremo presto modo di smaltire tutto.
Il traghetto
per le Lofoten e' nel pomeriggio e decidiamo di visitare la citta'. Lu
si dirige all'ufficio informazioni (chiuso) e poi passeggia per il
centro (che corrisponde praticamente a tutta la città), visitando i
fornitissimi negozi di outdoor: ce ne sono più a Bodo (31000 abitanti)
che nel Lazio e Abruzzo messi insieme (più di 6 milioni di
abitanti). Lo va a visitare il museo dell'aviazione (l'unica vera
attrazione di Bodo). C'e' un pezzo di un F16 che e' stato distrutto
per uno scontro con un gabbiano e un antico simulatore di volo di un
F104. Si vede che il museo non e' frequentatissimo e l'F104 li'
presente non e' neanche chiuso: Lo avrebbe voglia di infilarcisi di
straforo e provare a sedersi al posto di guida, ma poi si ricorda di
avere 36 anni suonati e si trattiene. (È dentro di noi un fanciullino,
diceva Pascoli...). Il museo incorpora una torre di controllo che
domina anche l'aereoporto di Bodo.
Da li', Lo contatta via radio
Lu e decidono di ritrovarsi ad una buffa fontana con un tricheco. Lo
si diverte a cavalcare il tricheco come i bimbi locali (lo senti quel
fanciullino che sta sempre dentro di noi?). Poi andiamo a comprare la
teiera da campeggio ultraleggera (che in Italia non si era trovata in
tutto il Piemonte e la Lombardia) e la benzina bianca per il
fornello. Ora siamo prontissimi! Di corsa al porto dove ci aspettiamo
il traghetto alle 16:30, ma oggi non c'e'! Nessuno in Norvegia pare
conoscere gli orari dei traghetti, che pure qui sono un mezzo di
trasporto importantissimo! Per fortuna c'e' una nave Hurtigruten che
aspetta alcuni passeggeri ritardatari e ci saltiamo su al volo, anche
se va a Stamstund e non a Moskenes, dove avremmo voluto iniziare il
nostro giro.
Sulla Hurtigruten ci mescoliamo ai passeggeri che
hanno un'eta' media di ottocento anni per gamba (in un angolo
scorgiamo lo zio dell'uomo di Similaun). In effetti e' una crociera
molto rilassante (=noiosissima!), anche se il panorama che si snoda
intorno a noi e' bellissimo e alte montagne e scogliere a picco si
stagliano nette contro il cielo plumbeo a poca distanza dalla
nave.
Incontriamo un giovane svizzero che sta andando a Capo Nord
in Vespa 125 da Berna, ma facendo le ultime tappe in nave. Ci mostra
orgogliosissimo la sua funzionalissima Vespa e si vede proprio che e'
un ingegnere meccanico: tutto il voluminosissimo bagaglio e'
perfettamente organizzato. (Lu: "Lo, adoro gli svizzeri, adoro il loro
ordine! Prendi esempio!") Ci racconta orgoglioso dei suoi viaggi
intorno al mondo e di quando ha passato la notte in prigione
nell'aereoporto di Mosca! Il nostro morale ha un duro colpo quando la
pioggia battente inizia a rigare i vetri della nave, ma esultiamo di
gioia quando scendiamo dalla nave e miracolosamente la pioggia
smette.
Lu e Lo scendono trionfalmente dal traghetto, Lu con i
sandali e Lo in maglietta ("Non saranno mica italiani?" si staranno
chiedendo i norvegesi). Ci fermiamo sotto una tettoia a razionalizzare
il bagaglio e ad abbigliarci in modo piu' consono al clima artico
piovoso. Dopo 15 minuti, di cui 13 dedicati ai copriscarpe da
ciclista-sub in neoprene da 4.3 mm, Lu è perfettamente coperta dallo
scafandro che la salverà per tutto il viaggio da pioggia e vento
artico. Decidiamo di fermarci ad un campeggio li' vicino perche' e'
gia' piuttosto tardi e il tempo non e' bellissimo (anche se per ora
non piove, per fortuna). Seguendo il suggerimento dello svizzero nella
nave, decidiamo di affittare una hytte, un bungalow. E' un'ottima
sistemazione e ci permette di stare al coperto e comodi e di non
inumidire subito la tenda.
Al campeggio non c'e' nessuno e un
cartello dice di premere un tasto su un telefono appeso alla
reception. Il proprietario risponde dicendoci di accomodarci nella
hytte numero 1a, tanto le chiavi sono nella toppa, lui verrà a
registrarci l'indomani mattina. Ecco il nostro primo impatto con la
bassissima densita' di popolazione norvegese (solo 4 milioni e mezzo
di abitanti): figuriamoci se in Italia si potrebbe gestire in tal modo
un campeggio, lasciandolo incustodito ma perfettamente funzionante e
attrezzato, con la chiave di ogni bungalow a portata di tutti! In
Italia porterebbo via anche le assi di legno....
La hytte e' molto
carina e c'e' una fantastica doccia con pavimento riscaldato. C'e'
perfino un angolo cottura dotato di pentole e piatti di ogni sorta
(più di quelli della casa di Pavia!) e ci cuciniamo una fantastica
pasta al sugo prima di collassare nei letti.
SECONDO
GIORNO
La mattina dopo si deve risolvere un piccolo problema
tecnico: le funzionalissime (?!) borse sub-sferiche di Lu finiscono di
continuo nei raggi. Lo si da' da fare e crea un impalcatura in fibra
di carbonio-canapa (due pezzi di legno legati con lo spago) che da' un
tocco di classe alla magnifica bici-Lu. Si parte sotto un cielo
plumbeo ma con un panorama splendido (per quel che si vede sotto la
quota delle nubi, circa 150 m sul livello del mare) lungo le deserte
stradine delle Lofoten: brughiere e torbiere a perdita d'occhio,
pareti rocciose nere interrotte da cascate e da lingue di neve che
degradano verso il mare. Le macchine sono una rarita' e si puo'
tranquillamente pedalare affiancati (proprio come lungo la nazionale
adriatica...).
Dietro una curva incontriamo un canadese solitario
con la bici da corsa che sta smontando la tenda. Lui e' quasi alla
fine del suo lungo giro e ci chiede informazioni sui traghetti. La
bici da corsa non ha porta-pacchi e quindi lui gira con un carrellino
con bandiera canadese! Il suo bagaglio è perfetto ("Lo, adoro i
canadesi, come sono ordinati!").
Ci fermiamo ad uno sperduto
paesino con la chiesetta sulla spiaggia per un breve intervento
oftalmologico: Lu dagli occhi calamita-per-insetti ha colpito
ancora. Oggi e' una pedalata molto lunga, ma decidiamo lo stesso di
fare una lunga deviazione nell'isola Gimsoya. Ne vale la pena, perche'
e' un posto bellissimo e isolatissimo. Ci fermiamo a mangiare su una
spiaggia in riva al mare aperto, cercando inutilmente di vedere le
balene! ("Lo, le balene - tranne l'orca - vivono in mare aperto, non
lungo la costa"). Lo sguardo spazia sul mare tra le distanti
isolette... Dopo il pranzo Lo deve fare una corsetta munito di carta
igienica: il vento gelido gioca brutti scherzi. Approfittiamo della
sosta per visitare una spettacolare scogliera dove le onde si frangono
violentemente, che spettacolo.
Tornati in sella, dopo pochi km
siamo accolti da una puzza mostruosa "Lo, te li sei lavati i piedi
ieri?!" "Lu, potevi anche cambiarti la maglietta!!!". "Lorenzuccio
mio, guarda che io non sudo nemmeno alle Maldive, la puzza viene dai
tuoi scarponi fetidi" No! Si tratta di distese intere di pesci senza
testa messi a seccare su impalcature di legno!! Lo spettacolo e'
notevole: sembra una vigna dove nascono merluzzi invece di grappoli
d'uva.
La pioggerellina delle ore precedenti diventa pioggia fitta
e ininterrotta e la pedalata diventa sempre meno piacevole, anche se
siamo interamente foderati di gore-tex (ma il gore-tex di Lo fa acqua
da tutte le parti...). Per fortuna i nostri bagagli sono quasi tutti
impermeabili, perche' ben presto la pioggia diventa
fortissima. Quasi....perchè il mitico borsello anteriore di Lu,
contenente carta d'identità, patente, macchina fotografica, binocolo e
banconote di corone norvegesi ed euro, è totalmente permeabile. Lu ne
pagherà le conseguenze di lì a poco.
La temperatura non e' bassa e
quindi possiamo sopravvivere. Ci fermiamo ad un paesino e Lu entra
decisa in un negozio di DVD e chiede "I'd like some salt, please". Il
povero commesso ci guarda sbigottiti ("Accidenti, non ho mica chiesto
della cocaina, solo un po' di sale per la pasta") e non capisce; per
fortuna una sua collega un po' meno imbranata ci "presta" un po' di
sale preso dallo stand degli hot-dog. Evviva! Possiamo salare la pasta
stasera (sempre che riusciamo ad accendere un fuoco per cuocerla in
mezzo al nubifragio!) Ci si vorrebbe fermare a mangiare una fetta di
torta nell'accogliente pub di fronte, ma si decide di rimandare a
Svolvaer. Qui ci fermiamo in un bellissimo localino sul porticciolo ed
entriamo gocciolanti a chiedere una torta e un succo di mele: ci
voleva proprio e ci rilassiamo nel locale carino degustando un
mattonazzo di brownie con densita' pari ad una stella di neutroni. Ora
ha smesso di piovere troppo forte e ne approfittiamo per
continuare...ma Giove pluvio punirà la nostra impavidità! Ci fermiamo
ad una casetta per chiedere l'acqua e la signora gentile ci offre
anche una bottiglia aggiuntiva che useremo molto. Purtroppo non ci
offre la torta di mirtilli.
Ormai stiamo pedalando da oltre 100 Km
e Lo non ne puo' piu'!!! Ha ripreso a piovere fortissimo e stiamo per
avere una mutazione a ritroso per tornare allo stadio di
trilobiti. Sicuramente non e' il caso di montare la tenda sotto questo
nubifragio. Per fortuna c'e' un campeggio che e' distante meno di un
paio di anni luce: ci potremo fermare li'. Lo trascina stancamente la
sua carcassa fino al camping dove affittiamo una hytte. Riusciremo ad
usare la tenda per il suo scopo, o ci servira' solo come ferma carte
per evitare che le bici volino via? Nella hytte Lu apre il borsello
frontale della bici e...tataratà, la carta d'identità è intrisa
d'acqua! Idem le corone norvegesi, gli euro, le fotocopie delle carte
stradali, la macchina fotografica. Solo la patente si salva: si sa,
per un viaggio in bici la patente è fondamentale! Oggi e' il 2 giugno
(giorno in cui, nei piani originari avremmo dovuto sposarci), e quindi
decidiamo che bisogna sposarci! Matrimonio bagnato, matrimonio
fortunato! Per fortuna Lo ha l'anello di Lu, e quindi ci si sposa
nella hytte sotto la pioggia battente, scambiandoci l'anello con la
frase rituale. Speriamo, pero', che la nostra vita familiare sia un
po' meno tempestosa di questa giornata di matrimonio! Ora che siamo
sposati fra noi, si trattera' solo di sposarsi davanti a Dio e agli
uomini, ma e' solo una formalita' (o no?!).
TERZO GIORNO
La mattina dopo il tempo e' migliorato un po' e proseguiamo ai piedi
di spettacolari montagne. Lo vorrebbe farci una passeggiata, ma Lu ha
le scarpe da bici e non sono molto adatte ai sentieri. L'asfalto
finisce improvvisamente, ma proseguiamo sullo sterrato che costeggia
tutta l'isola. Lo indica un uccello e Lu pianta una clamorosa
inchiodata e inizia una frenetica ricerca del binocolo, ma dove si
sara' cacciato!? E' un aquila di mare e Lu e' al settimo cielo: il
suo spirito ora si libra piu' in alto della suddetta aquila, che
incurante della nostra ammirazione si allontana in larghi cerchi verso
le montagne all'orizzonte.
Ci si ferma a gonfiare la bici di Lu
vicino ad un antico relitto di un galeone pirata (o forse un
peschereccio marcio?) e Lo ci si avventura alla ricerca del tesoro
(ricordarsi sempre del fanciullino che è in noi, che nel frattempo è
diventato l'amichetto di Frida, la mia nipotina di 3 anni). Lu e'
pronta con la macchina fotografica a immortalare l'inevitabile caduta
in mare, ma rimane con un palmo di naso!
Ci si ferma a mangiare ad
un piccolo villaggio di pescatori in mezzo al nulla su una
scogliera. Le nubi si diradano, arriviamo a Fiskebol per prendere un
traghetto e, mentre aspettiamo, arriva il sole! Evviva! Il viaggio in
traghetto e' spettacolare in mezzo a queste isole bordate da basse
montagne innevate e piene di ghiacciai. L'azzurro del cielo e il
bianco della neve contrastano con il verde intenso dei prati e il blu
del mare. In lontananza si scorge una stranissima montagna a tronco di
cono. Scesi dal traghetto facciamo una rapida spesa e regaliamo meta'
dell'ingombrante pacco di carta igienica ad uno stupito immigrato
nordafricano che non capisce bene cosa vogliamo da lui, finche' Lo gli
mette in mano i rotoli di carta igienica. Si parte nuovamente verso il
nulla prendendo una miserrima strada che si perde in mezzo alle
fattorie.
Lu inchioda: ha visto un chiurlo, un buffo uccello con
il becco lungo. Lo approfitta della pausa avicola per riprendere
fiato, mentre Lu lancia alti guaiti: "Perche' non abbiamo portato
l'enciclopedia degli uccelli d'europa e nord-africa?!" (non si sa mai
che qualche ibis eremita capiti da queste parti). Pare che questa sia
una imprescindibile opera in tre comodi volumi formato A3 rilegati in
pelle e lamina d'acciaio, appositamente studiata per i trekking in
bici.
Ci fermiamo ad un pub accanto ad una enorme nave tirata in
secca e trasformata in museo (chiuso), dove Lu mangia birra e patatine
mentre Lo controlla freneticamente la posta elettronica perche'
aspettava le proofs di un paper e deve urgentemente mandarle al buon
Vittorio. Oddio, ha scritto anche Seth per il brevetto! Ma come, Seth
scompare per mesi e proprio oggi vuole chiudere la storia del brevetto
da registrare??? Lo si dispera e in 90 minuti fa ciò che abitualmente
fa in 6 ore di lavoro!
Si prosegue, anche se ormai e' tardi, ma il
fatto che il sole non tramonta mai ci permette di non avere
orari. Ovviamente prendiamo una strada secondaria e arriviamo ad un
promontorio sperdutissimo. Ci si divide per cercare un posto tenda,
tenendoci in contatto radio. Anche se il territorio e' vastissimo e
completamente libero, ci accorgiamo presto che non c'e' posto per la
tenda. E' praticamente tutto brughiera o torbiera umidissima (per non
dire marcia) su cui e' impossibile piantare la tenda, almeno se non se
ne possiede una galleggiante. ("Lo, te l'avevo detto che il nord della
Norvegia è tutto torbiere, torbiere e torbiere! Ma hai capito di che
parlo? Sfagni, muschi su suolo impregnato di acqua, ambiente ipogeo
anaerobio...hai capito o no?" "Eeeh?"). Lo vuole solo trovare un posto
per la tenda, nulla più. Alla fine troviamo un posto spettacolare su
un tappeto di sfagni spesso venti centimetri. Lu scopre di aver
lasciato il materassino a Pavia, ma stasera non serve proprio!
La
gloriosa tenda Invicta Duna di Lu vede finalmente la luce del sole
norvegese. Dopo la (solita) pasta al sugo andiamo a letto alle 11
passate, ma c'e' ancora il sole alto nel cielo. Lo adotta la strategia
della mascherina sugli occhi, Lu sfida la luce e quasi non chiude
occhio.
QUARTO GIORNO
La mattina dopo scopriamo che il
panorama dalla tenda e' spettacolare: davanti a noi il fiordo si apre
verso il mare aperto con un cielo azzurro-artico che contrasta il mare
blu-capri. Fantastico, ci schiodiamo a fatica! Proseguiamo per la
strada secondaria in mezzo a sperdutissimi fiordi. Ancora una volta,
l'asfalto finisce proprio nel punto piu' bello e proseguiamo lungo una
sterrata costeggiata da casette piccolissime, tutte in legno colorato
di rosso o di verde, una più bella dell'altra. Alcune casette sembrano
semplici basi d'appoggio dei pescatori, altre sono palesemente seconde
case tipo cottage: meno male che i norvegesi sono solo 4 milioni e
mezzo, pensa che scempio edilizio ci sarebbe stato se fossero stati 56
milioni come noi italiani (che infatti lo scempio l'abbiamo già
fatto).
Ci fermiamo su un lago a pranzare; il sole e' fortissimo
anche se l'aria è gelida e ci ustioniamo visibilmente. Ora si tratta
di tagliare l'isola verso l'interno e ci accolliamo una discreta
salita: la temperatura scende notevolmente e ci troviamo presto a
pedalare con il gore-tex costeggiando in discesa un lago che e' ancora
parzialmente gelato.
A Sortland ci fermiamo a fare rifornimento in
una stazione di benzina dove si vendono anche generi alimentari, e
facciamo amicizia con una carina norvegese che dice che verra' in
Italia quest'estate a visitare Venezia. "It's very hot and very
crowded!" le dice Lu temendo già per la sua incolumità di
turista-di-luglio-a-Venezia!
Compriamo due buste di pesce secco:
e' uno snack tipico di qui molto proteico. Il pesce della busta blu e'
strepitoso e diventerà il cibo preferito di Lu dopo il makrell
fillet. Il pesce della busta rossa, invece, è provvisto di pelle e
squale che perseguiteranno Lo per tutto il resto del giro, dal momento
che Lu si rifiuta di mangiarlo: ogni boccone va masticato due elevato
alla sessanta volte, mettendo a dura prova il muscolo massetere che va
incontro a ipertrofia. Annaffiamo il pesce secco con un litro di latte
al cioccolato gelato e concludiamo la merenda con un fantastico
hot-dog di 5 cm di calibro affogato nel ketchup. Incredibile, Lo il
puro, ha improvvisamente desiderato e COMPRATO un hot dog ricoperto di
ketchup, quanto di più pesante, calorico, ipercolesterolemico sia
stato mai prodotto dall'uomo (dopo le salsicce abruzzesi sotto
strutto). Lu coglie la palla al balzo e può improvvisamente soddisfare
i suoi desideri di gola repressi da anni a causa di Lo e si compra
anche lei un hot dog, il tutto consumato su un tavolino da picnic
delicatamente ventilato da un gelido venticello artico. La
combinazione pesce-lattecioccolato-hotdog-ventogelido accende una
reazione termonucleare a fusione nello stomaco di Lo il puro, e si
deve provvedere a istituire un recinto di contenimento.
Fortunatamente la giornata si rivelerà ancora molto lunga e Lo avrà
modo di digerire il tutto. Quella che doveva essere una semplice tappa
di trasferimento si rivela una tappa del tour de France: un errore di
stampa della carta ha nascosto una ventina di km rispetto alla
destinazione scelta a priori. Dopo aver pedalato per quasi 100 km
dobbiamo fermarci nel nulla e di nuovo si scatena la caccia-radio al
posto tenda in mezzo alla torbiera. Ci troviamo alla fine di una valle
spettacolare all'imbocco di un fiordo. Un sentiero si dirige verso
alcune casette disperse lungo il torrente, che non sono raggiunte
dalla strada. Di nuovo dormiamo sul tappeto di sfagni circondati da
betulle nane.
QUINTO GIORNO
La mattina ci alziamo
piuttosto tardi sotto un fantastico sole e, poco dopo la partenza,
assistiamo al volo di due aerei cargo G222 in formazione che volano
radenti al terreno in mezzo ai fiordi. Chissa' come si divertono i
piloti! Lo sogna ad occhi aperti di essere lassù con i piloti. "Lo,
restiamo coi piedi sui pedali e andiamo!"
Riusciamo finalmente a
concludere il trasferimento fino all'isola di Andoya attraversando un
bellissimo ponte, oltre il quale un bar di pescatori spinge Lu a
prendere un caffè e un paio di gaufre norvegesi. Nell'astinenza
forzata, il caffè norvegese, simile a una broda colorata con un vago
retrogusto di caffè, è per Lu il meglio del meglio. Com'è vero che
tutto è relativo! Lo ha lo stomaco ingessato dagli ottimi biscotti
norvegesi avuti a colazione (i mitici "Maria", icona del viaggio e
fonte continua di citazioni a Maria Cordini) e soprassiede.
Dobbiamo puntare su Andenes, nord secco, 0°, dritti verso il polo
nord, ma Lu decide di fare l'ennesima deviazione lungo una strada
secondaria, anche se in realtà le strade principali sono assolutamente
prive di veicoli. La deviazione punta a 180°, ossia verso
l'Antartide. Lo protesta vivacemente ma la scelta di rivela ottima
("Lo, te l'avevo detto che dovevamo fare la deviazione!"). Ben presto,
infatti, ci troviamo fuori dal mondo, pedalando lungo il fiordo su una
strada sterrata quasi invasa dalle betulle. La pedalata e'
piacevolissima, il vento è stranamente a favore (certo, viene da nord
e noi andiamo a sud!) e la temperatura e' ideale
. La punta sud
dell'isola e' una bianchissima spiaggia che si lancia nel bluissimo
mare. Pochi metri e puntiamo di nuovo verso nord. Sembra proprio di
essere a Stintino, peccato che si senta ora quel famoso vento da nord
che ci ricorda che siamo piu' vicini al polo che a Stintino, e che
invita a rintanarsi sotto quaranta centimetri di piumone piuttosto che
fare i pagliacci in bicicletta.
Ci fermiamo a mangiare su una
bellissima scogliera in riva al mare. Mangiamo il nostro amato pesce
secco iperproteico e l'ottimo makrell fillet i tomat in scatola,
spaziando il mare infinito dinnanzi a noi.
Uno spruzzo! Lo ha
visto qualcosa. "Lu, passa il binocolo! ...e' una foca!!" Superaction!
Il binocolo rivela la testolina grigia a macchie nere che ci guarda
incuriosita. Il pranzo viene prontamente dimenticato e passiamo ore a
guardare le foche focheggiare davanti a noi. Sono tantissime! Ne
contiamo almeno una decina in un tratto di mare di circa 300 m. Quando
finalmente ci schiodiamo dalla spiaggia per continuare (si e' fatto
veramente tardi), quelle emerite si mettono a saltare fuori dall'acqua
e a spruzzarsi a vicenda. Sembra stiano giocando fra loro saltando una
sull'altra! Naturalmente ci dobbiamo fermare nuovamente a guardare:
che buffe!
In tutta la zona non c'e' anima viva se non noi, le
foche e un'aquila di mare che ci volteggia sopra a lungo. Questa e'
vita!!
Continuiamo verso nord ancora su sterrata. Quando torniamo
nella civiltà, Lo fa una volata fino al negozio di alimentari promesso
dalla cartina, mentre Lu rimane (in contatto radio) a guardare altre
due aquile posate sulla scogliera. Il negozio, che in realtà è una
stazione di servizio, chiudeva alle 16.00 (orari noridici, la tragedia
per Lu che vive ancora con gli orari spagnoli), ma per fortuna arriva
il proprietario e gentilmente ci apre per fare una rapida spesa. Oltre
ai soliti biscotti Maria, Lo, che da Bodo non desidera altro che la
torta di mirtilli, ha la brillantissima idea di comprare il succo di
mirtillo, una zuppa di melassa dolcissima e densissima che e' bevibile
solo se diluita venti volte. Il mezzo litro di succo di mirtillo
diventa quindi una decina di litri di sbobba che ci perseguitera' per
i giorni a venire. Meglio mangiare direttamente foglie, frutti e
radici di Vaccinium mirtillus, sicuramente sono più digeribili.
Anche se e' gia' tardi, continuiamo a pedalare verso nord sfruttando
la notte artica, perche' vorremmo arrivare alle porte di Andenes (alla
punta nord dell'isola) per poter andare l'indomani a fare
whale-watching.
Appena fuori da un paese di pescatori, Lo si ferma
ad indicare a Lu un paio di "pellicani" che giocano poco
distante. Macchè pellicani, Lo, non riconosci la fisionomia dei
rapaci! Sono aquile di mare, e sono a non piu' di 50 m da noi, sulla
riva del mare! Tre aquile di mare, tre vicine a noi! Lu pianta
un'inchiodata che solleva l'asfalto e si tuffa nella sua borsa per
pescare il binocolo. Le aquile sono ferme su uno scoglio a gustarsi la
loro cena di pesce. Mentre Lo guarda col binocolo, si accorge che uno
dei sassi si muove: è una lontra europea (Lu, legno, dopo essersi
consultata con il suo mito Luigi Boitani, dice "Lutra lutra") o
qualcosa del genere; è a due passi dall'aquila e si vede che questo la
mette piuttosto a disagio (l'aquila, invece, la degna appena di uno
sguardo). Rimaniamo a lungo a vedere questi elegantissimi animali,
finche' si alzano in volo radente al mare e si allontanano
distinte.
Continuiamo verso nord, lungo una strada ai piedi di
paretoni rocciosi verticali che saranno come minimo un 8a da
scalare. La purezza della roccia è meravigliosa, così come lo è la
purezza delle spiagge ai loro piedi. Si srotolano panorami vari e
bellissimi nella luce calda della gelida serata artica. Siamo
obbligati a fermarci in continuazione a fare foto.
Pedaliamo a
lungo alla ricerca di un posto idoneo per la tenda che sia, come al
solito, non troppo esposto al vento e prenda sole sia la sera che la
mattina.
Alla fine ci fermiamo sulla spiaggia in mezzo alla base
missilistica di Andoya, da dove vengono lanciati razzi
metereologici. Speriamo non decidano di spararne uno stasera,
altrimenti rischiamo di scuocere la pasta! Lu tergiversa fino a
mezzanotte per fare la foto al sole alto sull'orizzonte; nell'attesa
della mezzanotte manda un SMS a Chiara Scuvera per farle gli auguri di
compleanno. L'entusiasmo di Lu viene drammaticamente smorzato dalla
risposta della Scuvera: "Io e Michela non faremmo mai un viaggio così,
neanche se ci pagassero!" "Chiara, Michela, non sapete cosa vi
perdete!!!!! Però vi voglio bene lo stesso!" Lu allora inizia a
mandare messaggini a Pasquale e a papà e mammà, sicuramente più
sensibili al fascino del viaggio in bici rispetto a Chiara e
Micuz. Intanto il tempo passa e, nonostante la luce diurna, Lo
collassa nella tenda, devastato dalla stanchezza: potrebbe anche
partire un missile proprio sotto la tenda e spararlo in orbita e lui
non si sveglierebbe neanche!
SESTO GIORNO
La mattina ci
svegliamo molto prima delle solite 9.30 e schizziamo verso Andenes,
poco distante: pare che il whale watching sia alle 11:30, ma bisogna
arrivare prima per prenotarsi. In realta' ci dicono che oggi il giro
sara' alle 17, ammesso che ci sarà. Decisamente hanno un approccio
sudamericano all'orologio qui ad Andenes! Decidiamo di rilassarci in
citta' (città, diciamo paesino, visto che in tutta l'isola di Andoya
abitano poco più di 5000 persone) e Lo si addormenta al sole in una
balena (un teschio che biancheggia nel porto), mentre Lu gironzola in
cerca di una borsa anteriore per la bici che garantisca
l'impermeabilità assoluta.
Andiamo all'ufficio informazioni
turistiche dove una signora gentile, ma completamente ignorante, ci
propina un sacco di informazioni false: orari di traghetti sbagliati,
passi montani "invalicabili in bici" (si tratta di collinette di
400m), tratti di strada non percorribili a causa dell'enorme traffico
di tir e macchine, la "strada piu' trafficata della Norvegia" (che si
rivelera' assolutamente deserta).
Finalmente ad Andenes Lu potrà
realizzare il desiderio che insegue da Bodo: mangiare il pesce
norvegese non in scatoletta né secco ma cucinato in un ristorante; a
fatica Lo accetta la proposta; Lu è al settimo cielo e prende la sua
agognata bistecca di pesce con una squisita salsa e croccanti pallette
di pancetta affumicata abbrustolite ("Che delizia lo stuzzicante
contrasto tra il pesce e il bacon, cosa darei per rimangiarlo in
futuro!"), Lo assaggia lo stufato di renna e lo apprezza molto. Il
ristorante e' tutto per noi (i nostri orari sono decisamente poco
allineati con quelli locali) e ci divertiamo un sacco, il pranzo e'
buonissimo e, dopo tante pastacce al sugo in scatola, al makrell in
scatola e al tonno in scatola, ci sentiamo nuovamente nella
civilta'.
Alle 15 ci presentiamo speranzosi al museo del whale
watching, dove un efficientissimo tedesco e un improbabile ragazzo
italiano che fa da guida anglofona (Mattia) ci fanno fare la visita
del museo. Ci divertiamo un sacco a vedere il museo, un po' ingenuo,
descritto dall'inglese maccheronico di Mattia. Chissa' come e' finito
qui! Stranezze del viaggiare...
Le balene che vivono da queste
parti sono le sperm whales, i capodogli (quelli di Moby Dick), cioe'
le balene dentate piu' grandi. La visita al museo si conclude con una
proiezione di diapositive sull'isola di Andoya. Ci sono foto molto
belle, ma alla duemilaquattrocentododicesima foto di coda di balena,
l'auditorio inizia ad entrare in coma depasse' e la motivazione per il
giro di whale watching scema a vista d'occhio. In effetti quando
appaiono le due improbabili guide a dire che il giro e' stato
cancellato per il brutto tempo, non c'e' un grande lamentio! In
effetti, anche se in paese il tempo e' bellissimo (solo una leggera
brezza gelida), pare che in mare aperto ci sia un vento fortissimo e
ci verrebbe mal di mare a tutti (senza contare che e' difficile vedere
le balene se ci sono onde alte quattro metri). Un turista tedesco
prova timidamente ad insistere, ma la guida tedesca dice di non farsi
illusioni: il vento qui puo' essere talmente forte da ribaltare le
automobili! Peccato! Niente whale watching, allora si riparte per la
prossima isola!
Via di corsa al porto a prendere il traghetto per
Grillefjord. Sul molo ci divertiamo a scalare un bellissimo
peschereccio attraccato. Sul traghetto siamo solo noi in compagnia di
un gruppo di motociclisti tedeschi che ruttano a manetta. Una volta a
bordo ci rendiamo conto che il capitano della whale watching boat ha
fatto bene a cancellare l'uscita: appena fuori dal porto siamo
bersagliati da un fortissimo vento che alza onde altissime e scuote il
traghetto da cima a fondo!! Ci divertiamo a stare dietro il ponte di
comando a guardare le onde e a sentire le vibrazioni dei colpi che
prende il traghetto, e veniamo ripetutamente lavati dagli spruzzi pur
essendo a quasi venti metri di altezza (al terzo o quarto piano della
nave)! Lo spettacolo della potenza del mare e' incredibile. Oggi e'
una bellissima giornata, solo un po' ventosa: chissa' come deve essere
terrificante questo mare quando e' in tempesta?! Ci sforziamo
inutilmente di vedere balene all'orizzonte, ma dopo poco ci dobbiamo
rintanare sotto coperta perche' il vento ci ha segato fino alle
ossa. Forse avremmo dovuto assicurare le nostre biciclette come
avevano fatto i motociclisti con le loro moto.
Per fortuna, i
nostri catastrofici timori non si avverano e il nostro materiale non
si disperde per tutta la stiva. Appena si entra nello spettacolare
fiordo dell'isola di destinazione, il mare si placa. Arriviamo così
sull'isola di Senja a Gryllefjord, un villaggio in fondo alla strada,
all'unica strada che arriva a questo fiordo (il traghetto c'e' solo
per un paio di mesi l'anno). Usciamo dalla nave e via, in un paio di
km siamo di nuovo in mezzo al nulla.
Decidiamo di superare un
passo e di fermarci appena dopo, ma di nuovo, nonostante siamo in una
piana infinita, non troviamo alcun posto asciutto per piantare la
tenda: torbiere, torbiere e ancora torbiere che si alimentano delle
acque di scioglimento delle nevi che circondano la pianura ("Che ti
aspettavi, Lo, il deserto di Atacama in versione amisfero nord? Qui
siamo in Norvegia, non siamo mica in Cile!")
Proseguiamo a lungo
(meno male che oggi doveva essere la giornata di svacco!), ma ne vale
la pena: troviamo un posto asciutto su una scogliera in mezzo al
nulla, vicino ad un enigmatico cartello. Che dira'? Lu manda un SMS a
Kine per chiederle la traduzione mentre Lo decide che il posto va bene
in ogni caso, anche se a una ventina di metri c'è una scogliera a
picco alta 30 metri circondata da una misteriosa rete metallica di due
metri di altezza. Mentre banchettiamo con l'immancabile pasta al sugo
arriva la risposta di Kine, palesemente preoccupata della nostra
scelta: il cartello dice "Attenzione: imbocco di miniere pericolose",
dove siete finiti?! In effetti, la scogliera alta 30 metri sovrasta un
enorme e oscuro braccio di mare che doveva essere l'imbocco della
miniera. Chissà che labirinto di gallerie marine ci sarà sotto di noi!
Il posto comunque e' bellissimo ed e' necessario fare un paio di foto
panoramiche notturne con luce diurna.
SETTIMO GIORNO
La
mattina approfittiamo delL'acqua del torrente che sgorga direttamente
dalla roccia (come tutti quelli incontrati durante il viaggio) e del
tiepido sole per lavarci con il sapone biodegradabile: che bello il
pediluvio gelido!! A Lo si staccano entrambi i piedi per il gelo e
deve ri-attaccarseli con lo scotch. Lu sguazza a lungo
allegramente.
Proseguiamo lungo la strada principale e ci troviamo
di fronte ad una collina mostruosa....mostruosa nel vero senso della
parola: la collina e' stata trasformata in un orrendo mostro che tiene
in una mano una barca rovesciata. Si tratta del Troll piu' grande del
mondo. Ci fermiamo per un caffe' e una fetta di torta. Dopo svariati
giorni senza il caffè della moka, Lu inizia ad apprezzare il caffè
norvegese (forse per disperato bisogno di caffeina?): a differenza
della broda bevuta per sette mesi nei motel inglesi, quello norvegese
sa proprio di caffè e lascia in bocca un ottimo aroma, non quel
retrogusto di cadavere tipico del caffè inglese.
Al cospetto del
monumento al troll Lo si ricorda della cartolina per sua sorella
moster, chissa' come mai? Il bar e' circondato di buffissime statue di
troll e di mostri molto kitsch. Lo si arrampica dentro la bocca di un
mostro: ora e' letteralmente masticato da un mostro (di solito e'
masticato solo in senso metaforico da quel mostro di Lu).
Nel
fiordo dopo il troll, Lu pianta la sua tipica
inchiodata-da-avvistamento-faunistico. E' una famigliola di renne!
Attraversiamo un ponte sospeso che taglia un fiordo in cui la corrente
è fortissima: ci credo, la marea deve riempire un volume enorme perchè
il fiordo e' lungo parecchi chilometri!! Potenza della marea...
Deviamo su una strada secondaria e ci dirigiamo verso un passo: Lu
scatta avanti, mentre Lo (stracarico) innesta il rapportino e macina
la catena ammirando i torrenti che scendono lungo le
montagne-panettoni. Il passo culmina a fianco ad un lago che e' ancora
in parte gelato. Una lunga, gelidissima galleria ci porta ad un
bellissimo fiordo dall'altra parte della montagna. Spettacolo!
L'uscita dalla galleria, la vista che spazia sul quel meraviglioso
fiordo, l'aria leggermente più tiepida di quella della galleria (siamo
passati da 3 a 9-10 gradi), la luce accecante e soprattutto la discesa
in totale assenza di macchine ci inducono ad accelerare al
massimo. Che meravigliosa sensazione di libertà!
Pedaliamo lungo
la costa punteggiata da piccole hytte di pescatori, ci spostiamo da un
fiordo all'altro e, sempre verso le tre del pomeriggio (Lu ama
conservare gli orari spagnoli acquisiti in sei mesi di movida
sivigliana, anche oltre il circolo polare!), ci fermiamo a pranzare di
fronte ad una falesia altissima da cui cade un'enorme cascata che fa
un volo di centinaia di metri, finche' l'acqua si disperde al
vento. Chissa' d'inverno che candelone mostruoso che viene! Lo già
sogna di essere lì nella gelida notte artica a scalare con ramponi e
piccozza. Chissà quanto piacerebbe a Simone un candelone del genere!
Peccato che sarebbe da fare tutto al buio!
Proseguiamo e ci
troviamo di fronte a delle aguzze montagne che sembrano la dentatura
di un drago che spunta dal mare! E' evidentissima l'origine glaciale
di queste valli le cui propaggini hanno bordi arrotondati. Alla dieci
sera, non contenta della lunga tappa di oggi (tanto c'è luce!), Lu
decide di fare una breve deviazione verso un fiordo che dalla carta
stradale sembra essere veramente remoto. La "breve" deviazione risulta
essere un passo di quasi 300m di quota su strada interamente
sterrata. Oltre il passo la strada va a finire nelle proprieta'
private delle poche case li' presenti (esattamente sei case lungo
alcune decine di chilometri di costa del fiordo). Dopo aver cercato
invano un posto dove campeggiare, Lu socializza con un ragazzo e
chiede ospitalita' alla sua famiglia: possiamo dormire sulla favolosa
spiaggia a ridosso del giardino. Chiacchierando con il ragazzo
scopriamo che alcune delle famiglie di questo sperduto fiordo vivono
qui tutto l'anno! Ma come fanno ad andare a scuola i bambini e i
ragazzi in inverno? Semplice: motoslitta fino alla strada asfaltata
oltre il passo e poi scuolabus....perchè qui gli scuolabus funzionano
alla grande!
Montiamo la tenda e ci svacchiamo al sole a cucinare
sulla battigia, meravigliosamente riparata dal vento articolo che ci
ha sferzato il volto tutto il giorno. La vista e' bella, la luce
artica ancor di più, ma Lo e' totalmente devastato e collassa presto
nel sacco a pelo.
OTTAVO GIORNO
La mattina Lu sfida il gelo
del profondo nord: impavida, entra con i piedi in acqua e si fa fare
la foto; la sua eloquente smorfia fa comprendere che le sue estremita'
inferiori stanno per termalizzare alla temperatura del condensato di
Bose-Einstein. Rifacciamo il passo in senso inverso per arrivare al
traghetto che ci porterà sulla terraferma, ma scopriamo che dovremo
aspettare quasi 5 ore (nota: la signora dell'ufficio informazioni di
Andenes aveva detto che ce n'era uno ogni due ore sette giorni su
sette: nulla di più falso! Forse la signora voleva mettere alla prova
la nostra stabilità di coppia dandoci orari tutti sbagliati che
tipicamente fomentano liti furibonde tra i coniugi).
Lu chiede
aiuto alla signora del Kiosk per vedere se c'e' un pescatore che ci
puo' accompagnare al di là del breve braccio di mare, ma inutilmente:
tutti gli abitanti del villaggio, circa 300, sono impegnati alla
fiera. Lo si svacca al sole mentre Lu va a far visita a questa curiosa
fiera locale, che si svolge in una casa che è una sorta di centro
ricreativo pubblico del villaggio. Tutti i presenti tranne uno parlano
norvegese, Lu è l'unica straniera e, dato il suo abbigliamento da
ciclista e il fenotipo tipicamente mediterraneo, non passa
inosservata...peccato che non riesca a comunicare! Però, al momento di
fare i complimenti per i waffel con la marmellata, si fa benissimo
capire a gesti.
Lu chiama Lo per radio: Lo non può perdersi questo
interessantissimo spaccato di vita norvegese. Le signore vendono le
calze e i guanti fatti a mano nelle gelide notti invernali, i fiori di
carta e di legno, le candele profumate, i saponi fatti a mano.
Nel
giardino della casa si mangia e si chiacchiera allegramente sotto un
meraviglioso sole. Lo prende un ottimo stufato di patate, carote e
carne, Lu invece si lancia su una crema di riso, latte e zucchero che
potrebbe essere usata per stuccare tutte le crepe del ghiacciaio del
Lys. Dopo essersi cosi' intonacata lo stomaco, decide di passare a un
secondo pià soddisfacente: sul prato di fronte alla casa c'e' una
grigliata da cui si diffonde un odore di carne abbastanza familiare a
Lu (non certo a Lo!). Interrogato da Lu, che nonostante l'odore
sognava di gustare il makrell alla brace, il grigliatore dice ridendo
che loro mangiano pesce 7 giorni su 7, e quindi quando è festa si
danno a qualcosa di veramente eccezionale, la carne di maiale. Noooo,
la carne di maiale no! Però in Norvegia si deve provare tutto per
capire fino in fondo lo spirito dei norvegesi, quindi Lu prende una
salsiccia con l'insalata: niente male, anche se per raggiungere la
bontà delle salsicce di Franco il macellaio di Rende, i norvegesi
devono ancora fare molta strada.
Piu' di una persona, accogliente,
ci rivolge la parola ma tutti, tranne due, parlano solo norvegese. Uno
di questi ha la faccia e l'abbigliamento vagamente da prete, sarà il
pastore del villaggio, l'altro è una simpatica ragazza che parla un
perfetto American English; noi le raccontiamo la nostra meraviglia nel
vedere così poche macchine, così poche case, così tanti luoghi
probabilmente non violati da piede umano; la ragazza ci racconta
ridendo della sua visita a Roma: e' rimasta impressionata dal caos e
dalla quantita' e densità di esseri umani, macchine e autobus:
"Bellissimi i monumenti e i musei - dice - ma cinque giorni sono stati
sufficienti e dopo avevo voglia di tornare qui". E ci credo!
Nel
cielo azzurro svolazza un'aquila di mare attaccata da un gabbiano e da
una cornacchia: forse qui la pressione e' piu' alta per gli animali
selvatici che per gli uomini.
Alle 16.45, dopo oltre cinque ore
di attesa (spese ottimamente a conoscere la cultura di un remoto
villaggio norvegese), il traghetto parte e salutiamo questa
straordinaria isola di Senja, la piu' selvaggia e monumentale delle
isole viste finora. Sono finite le isole e ora saremo sulla
terraferma.
Una bella tappa di trasferimento (con un gelido passo
a 300 metri di quota) ci porta alla citta' di Tromso che e' su
un'isola in mezzo ad un fiordo. Ci si arriva con un ponte con una
manica a vento e un indicatore che dice la velocita' del vento. Mentre
passiamo noi il vento è a soli 7 m/s, e quindi rischiamo solo di
essere surgelati vivi ma non di essere spazzati via dal ponte.
Per la prima volta vediamo il cielo nuvoloso. Ci fermiamo lungo la
costa dell'isola di Tromso, ai piedi del parco cittadino, per una
rapida e gelida cena davanti ad uno spettacolare "tramonto" artico: le
nuvole corrono sulle basse montagne imbiancate di neve. Notiamo con un
certo terrore che sulle montagne della terraferma la neve è a quote
molto più basse che sulle isole. Non sarà forse un indicatore del
fatto che sulla terraferma fa più freddo che sulle isole? ("Certo, Lo,
le isole sono lambite dalla corrente del Golfo, l'entroterra no! Ma
noi dobbiamo arrivare ad Alta, costi quel che costi.")
Dopo la
cena a base di pasta e sugo al makrell fillet (ma va? Che novità!),
cena che si rivelerà una delle più gelide e ventose di tutto il
viaggio, al punto da avere le lacrime per il vento e il freddo, ci
dirigiamo in centro attraversando l'unico semaforo di tutto il
viaggio: un solo semaforo in 960 km di strada. Visto il freddo, l'ora
(le 23.00: Lo è già in coma depassè a quest'ora) e la stanchezza,
decidiamo di dormire in un albergo. Dopo un po' di ricerche, andiamo
all'albero dove tre estati fa pernottarono i genitori di Lu, anche se
nel frattempo ha cambiato nome. Ci accoglie una fantastica stanza con
pavimento del bagno riscaldato e letti con piumone. Dopo svariate
notti in tenda il letto con piumone è un'assoluta goduria! Sfatti
dalla stanchezza, crolliamo nel sonno profondo nonostante l'ascensore
passi proprio accanto alla nostra stanza (e meno male che Lo avevo
chiesto la stanza più silenziosa dell'edificio!).
NONO
GIORNO
La mattina ci lanciamo sulla colazione a buffet e
nuovamente diamo spettacolo: pesce col ketchup, fagioli, polpette,
succo di frutta, muesli e yoghurt vengono ingurgitati alla velocità
della luce in mezzo al vociare di una allegra e chiassosa comitiva di
centroafricani al tavolo accanto al nostro (che ci faranno qui?)
Dopo un po' di svacco siamo pronti a partire, ma prima ci fermiamo per
un caffe' e un waffel sul lungomare. Qui veniamo avvicinati da un
cicloturista belga, Franklin, arrivato a Tromso il pomeriggio prima ma
ancora a piedi perchè la SAS gli ha perso la bicicletta e tutto il
bagaglio. Sorseggiando il caffè si chiacchiera un po' dell'itinerario
(Franklin è diretto a Capo Nord e passerà sicuramente per Alta) e
dell'attrezzatura; Lu, con un ingenuo sorriso, giustifica le nostre
pittoresche bici, le sue borse tutte rotte, i rinforzi con assi di
legno, l'abbigliamento da alpinismo di Lo con la frase "You know,
we're very rough.." che passera' alla storia per il resto dei nostri
giorni!
Salutato Franklin, attraversiamo il ponte per tornare
alla terraferma. E' attorniato da pescherecci d'altura russi
traboccanti di boe colorate. Ci incamminiamo lungo la strada che va a
sud. E' molto trafficata (sempre proporzionalmente agli standard
norvegesi: il traffico di questa strada è pari a 10 alla -23 di quello
della Cristoforo Colombo a Roma); comunque la strada e' affiancata da
una strada secondaria dove non passa nessuno nel vero senso della
parola: a parte il rumore dei tir, ci sembra di essere ancora perduti
nel nulla.
Ci fermiamo su una spiaggia a pranzare. Lu tira fuori
ben due varietà di makrell comprate alla coop di Tromso: "Come farò in
Italia senza il makrell?" Lo si dovrà adeguare al nuovo regime
alimentare di Lu a base di pesce e verdura. Il panorama sul fiordo e'
fantastico, dobbiamo dividere l'intera spiaggia solo con una
famigliola all'estremo opposto. Le bimbe giocano in magliettina a fare
i castelli di sabbia mentre noi siamo imbacuccati nel gore-tex, che è
divenuto la nostra seconda pelle; pero', nonostante il blu del mare,
nemmeno la famigliola autoctona si avventura nelle gelide acque.
Proseguiamo ancora lungo la strada secondaria, che a un certo punto da
strada bianca diventa sentiero e da sentiero diventa boscaglia
pura. Dobbiamo quindi prendere la strada principale sollevando le bici
oltre il guardrail (ma quanto pesa la bici di Lo? Come mai non ha
ancora avuto un collasso gravitazionale?). Dopo alcuni chilometri
lungo la strada trafficata (vale sempre il principio di 10 alla -23 di
cui sopra) imbocchiamo una deviazione secondaria (secondarissima)
lungo la sponda opposta del fiordo sulla cui spiaggia settentrionale
abbiamo pranzato. Quindi, dopo 3-4 ore di pedalata, ci troviamo a due
km in linea d'aria dalla suddetta spiaggia: evviva i fiordi!!
Per
fortuna la pedalata merita e non passa assolutamente nessuno sulla
strada. Ci fermiamo a dormire poco oltre l'estremità interna del
fiordo, in un fondovalle abbastanza riparato dal vento.
DECIMO GIORNO
Meno male che abbiamo scelto di pernottare nel
fondovalle ai margini del bosco, perche' la notte fa un freddo
veramente tremendo e al mattino le colline intorno sono decorate da
neve fresca. Ora si punta dritti verso nord e decidiamo di prendere il
versante ovest del prossimo fiordo (anche se poi ci tocchera' prendere
un traghetto) perche' sembra la strada piu' isolata e perche' speriamo
nel sole, che invece rimane nascosto dietro le nuvole.
Superiamo
un facile passo contornato da colline dove le cascate stanno iniziando
nuovamente a ghiacciare e raggiungiamo facilmente il microscopico
porticciolo da cui partirà il prossimo traghetto taglia-fiordo. Ci
fermiamo a mangiare al porto l'ormai immancabile makrell e,
fortunatamente, mentre mangiamo le nubi vengono spazzate via dal vento
ed esce il sole. Il panorama intorno al fiordo è straordinario! A
differenza delle isole, qui sulla terraferma i fiordi sono circondati
da foreste di betulla, non da brughiera. La brughiera, invece,
colonizza le pendici dei monti.
Al porto un signore ci avvicina,
ci chiede da dove veniamo e dove andiamo (siamo very proud del nostro
viaggio e del nostro modo di viaggiare!) e ci conferma che, nonostante
il freddo, abbiamo fatto bene a venire ora. Dice che da meta' giugno
in poi tutta quella zona e' impraticabile a causa delle zanzare. Noi
siamo arrivati quando fa ancora troppo freddo e le uova non sono state
ancora deposte. In effetti, nonostante siamo attrezzati contro le
zanzare in stile Canada-Regione dei Grandi Laghi (di cui Lu conserva
ancora il ricordo a 26 anni di distanza), non ne vedremo neanche una
per tutto il viaggio.
All'uscita del traghetto ci avviamo sulla
"strada piu' trafficata della Norvegia" secondo la signora
dell'ufficio informazioni di Andenes (che non ha mai visto la famosa
Cristoforo Colombo di cui sopra). E qui il nostro stupore raggiunge il
massimo: a parte qualche raro tir e camion, il traffico qui è pari a
quello della Cristoforo Colombo elevato a -46. Rinfrancati da tale
constatazione, ci dirigiamo tranquilli a nord godendoci la pedalata
rilassante.
Per la sera troviamo una spiaggetta accanto ad un
antico pontile in legno, di fronte ad un'isoletta completamente
disabitata da dove i resti di spettacolari slavine scendono fino al
mare. Nuovamente il posto e' bellissimo e ci godiamo una cena a base
di fagioli che ci permette di avere il riscaldamento a metano in tenda
per stasera! ("Lo, sei semplicemente disgustoso" "Lu, non sono stato
io, sara' stato qualcun'altro!", gia' ma chi altro c'e'?!).
UNDICESIMO GIORNO
Il giorno dopo si cerca di partire di buon
mattino e non a orari spagnoli: oggi avremo da fare il passo a 400 m,
invalicabile in bici a detta della ormai famosa signora di Andenes
(che non è mai fatto a maggio in giornata il tragitto Pavia - Santa
Margherita Ligure facendo il Passo del Brallo a 900 m, scendendo a 200
m nel fondovalle del Trebbia e risalendo a un altro passo a 1100 m di
cui non abbiamo memorizzato il nome a causa della precoce degradazione
dei neuroni).
La salita non è troppo pendente e all'inizio si
pedala molto bene; quando ci si avvicina alla cima la temperatura
crolla e ben presto ci si trova a pedalare vestiti a cipolla con
strati termici gore-tex. Lu indossa anche il mitico
passamontagna-sottocasco e gli occhiali antivento, lasciando scoperta
solo la punta del suo naso alla Cyrano De Bergeraq. Lo sguardo spazia
lontano lungo il fiordo e si vedono in lontananza le cime ghiacciate
delle montagne sulle isole disabitate di fronte a noi. Intorno a noi
la brughiera è completamente coperta di neve e le creste dei monti
sopra di noi sono costellate da impressionanti cornici di neve e
ghiaccio (chissa' che vento!). Lo spettacolo dal valico e' mozzafiato,
ma lo e' anche il vento gelido e decidiamo di scendere senza indugio,
prima di avere gli alveoli polmonari ibernati stile animazione
sospesa.
Sotto al passo ci fermiamo ad una cascata dove Lo si
cimenta in una scalata sulla pericolosa e friabile roccia per fare
rifornimento di acqua. Il genio riempie la bottiglia e la lancia giu'
per non dover scendere portandola a mano e risalire. La bottiglia
esplode fragorosamente e rimaniamo solo con la fedele dromedary, che
tra l'altro da qualche giorno perde acqua dal tappo principale.
Stasera non e' semplice trovare un posto per dormire e Lo si accolla
un bel "giro di peppe" lungo una strada secondaria che non arriva da
nessuna parte. Alla fine Lu trova un bel posto riparato da una
collinetta proprio sulla riva del fiordo a qualche centinaio di metri
di distanza dal ponte del fiordo. Ceniamo godendoci i giochi di luce
che il sole della serata artica compie con le nuvole basse che corrono
veloci all'orizzonte. La notte trascorre tranquilla e senza vento in
un continuo stridìo di gabbiani che si azzuffano sull'acqua e sulla
spiaggia. Che bello dormire così!
DODICESIMO GIORNO
La
mattina osserviamo un evento assolutamente surreale, visto il contesto
in cui ci troviamo. Alle 9.00 una signora anziana, sulla spiaggia, ha
acceso un fuoco e cosa fa con questo fuoco? Brucia alcuni oggetti
probabilmente della casa, incluso un materasso. Si, la signora elimina
i rifiuti ingombranti bruciandoli sulla spiaggia. Com'è possibile che
nella civilissima Norvegia ci siano ancora persone - anche se anziane
- che non sfruttano la raccolta dei rifiuti ingombranti porta a porta?
Intanto la presenza dell'anziana donna mette a disagio Lu che, come
tutte le mattine, vuole la più assoluta provacy per svuotare il
proprio intestino. Privacy e tempo, due fattori indispensabili che
proprio oggi, giorno di instabilità intestinale da prugne secche, sono
indispensabili. Soluzione? Accucciarsi al centro dell'unica betulla
nana di tutta la spiaggia. Così è, se vi pare.
Oggi la fatica
inizia a sentirsi, partiamo molto tardi, le gambe sono dolenti e
pedaliamo lentamente. Il tempo si e' un po' degradato, cade qualche
gocciolina di pioggia ma fortuna non viene a piovere ("E poi, Lo, qui
non può piovere: siamo prossimi alla città con la precipitazione
totale annua più bassa di tutta Europa").
Dopo un passo a circa
150 m di quota, in fondo alla discesa Lu punta il primo kiosk di tutto
il giorno e decide di fermarsi lì per il caffe' del mattino, anche se
sono ormai le 17.30: dopo quasi due settimane di sole che non tramonta
mai i nostri ritmo biologici sono completamente sballati. Il posto e'
graziosissimo e c'e' una ragazza Sami che ci serve la brownie più
buona sulla faccia della terra, preparata da lei stessa (come tutti i
dolci lì presenti). Parla molto bene l'inglese e ci racconta che la
gente Sami e in generale tutti coloro che vivono lì da poco tempo si
stanno rendendo conto di quanto siano fortunati a vivere in un posto
cosi' spopolato. Dice con voce di compatimento: "You have to cue
everywhere", "Voi dovete fare file ovunque!". Questa frase, nella sua
semplicità, è un ritratto perfetto della nostra vita quotidiana in
Italia, come avremo modo di sperimentare appena toccheremo terra a
Malpensa. Tra una chiacchiera e l'altra, Lu punta con occhi famelici
una forma di pane nero alle noci che la ragazza ha appena sfornato e
un paio di fette di torta di mele. Mai acquisto fu migliore di questo
(dopo il makrell, s'intende!). Il pane e'ancora caldissimo e la
ragazza Sami ci raccomanda di farlo raffreddare all'aria
aperta. Sembra molto preoccupata del fatto che il suo lavoro possa
essere rovinato da noi maldestri... Le assicuriamo che lo faremo
raffreddare appropriatamente tenendolo in una sacca aperta (certo che
si raffredda con questo freddo!) e ne siamo ricompensati: è senza
dubbio il pane piu' buono che abbiamo mai mangiato e ce lo gusteremo
la sera con il makrell fillet, il parmigiano e soprattutto da solo! Le
nostre papille gustative si risvegliano da un lungo letargo atrofico e
intonano un peana celebrativo.
Dopo la sosta al kiosk proseguiamo
il percorso lungo il fiordo, ma Lu pianta la sua tradizionale
inchiodata. Che avra' mai visto? Una renna-che-fu, ovvero un cranio,
munito ancora del palco di corna, che Lo, munito di scarponi, e'
perentoriamente mandato a recuperare. Lu vorrebbe legarlo alla sua
bici come trofeo, ma e' un po' ingombrante e il progetto viene
(fortunatamente) abbandonato. Però non manca la saga delle foto con il
cranio!
Raggiungiamo il punto piu' a nord del nostro viaggio: il
gps segna 2220 Km dal polo nord! Sono le 21.00, vorremmo fermarci a
dormire ma è difficile trovare un posto idoneo; dopo aver girato a
lungo alle pendici di un accampamento di Sami che posseggono colorate
bancarelle al passo, troviamo un posto isolato sulla spiaggia poco
distante da un villaggio costiero di pescatori. Un branco di renne,
guidate da una renna con un colossale sistema di corna, pascola a 30
metri dalla nostra tenda e due aquile di mare svolazzano sopra di noi
mentre ceniamo ben oltre le dieci di sera: niente male qui. Peccato
che questa spiaggia, a differenza degli altri siti dove abbiamo
pernottato, non sia affatto riparata dal vento e il tagliente vento da
nord che ci obbliga a rimanere al riparo della tenda per tutto il
tempo. Bisognerebbe metterne da parte un po' per le torride notti di
luglio a Pavia!
TREDICESIMO GIORNO
Mancano poche decine
di km alla meta finale, la citta' di Alta, ma ormai siamo veramente
stanchi e questa si rivelera' una tappa molto impegnativa.
Lungo
quella che doveva essere "la strada più trafficata di tutta la
Norvegia", dove passano solo alcuni camper tedeschi, belgi, svizzeri e
finlandesi, incontriamo l'unico cantiere stradale di tutto il viaggio:
su 960 km, un cantiere stradale e uno solo. Sembra quasi di essere
sulla ben nota strada statale 106 "Ionica": anche lì c'è un solo
cantiere, peccato che si estenda quasi con continuità su 600 km da
almeno 15 anni a questa parte.
Enormi ruspe e scavatrici stanno
allargando la strada a picco sul fiordo. A un certo punto un camion si
mette di traverso proprio davanti a noi; Lo tenta di superarlo
pensando che stia facendo manovra, l'autista lo sgrida con un
perentorio, disperato "Stop!" Cosa avrà mai fatto il povero Lo (detto
anche il pirata della strada)? La risposta non si fa attendere: nel
giro di due minuti la montagna esplode fragorosamente e una frana di
sassetti delle dimensioni di uno scuolabus si abbatte sulla
strada. Hanno fatto scoppiare una mina a 100 m di distanza da noi! Una
enorme scavatrice libera la strada in pochi minuti e possiamo
procedere timidamente, anche se ora siamo un po' piu' cauti e
discreti!
Dopo circa tre ore di faticosa pedalata eccoci
finalmente ad Alta, dove ci attende la foto di rito sotto il cartello
della citta'.
Ma la passione di Lo non e' ancora conclusa, visto
che Lu ha deciso che non abbandonerà Alta prima di aver visitato per
intero il museo all'aperto di incisioni rupestri, patrimonio
UNESCO. Il museo si rivela essere molto carino ("Carino? Ma se è un
capolavoro artistico dell'umanità, come puoi definirlo semplicemente
carino?") e Lo riesce anche ad evitare che Lu entri in "modalita'
museo". Il museo e' una passeggiata lungo la meravigliosa brughiera
intervallata da rocce montonate su cui, fra 6000 e 3000 anni fa, gli
abitanti del luogo incisero disegni di vario tipo. Per renderli piu'
evidenti, gli archeologi li hanno ritoccati con vernice colore ocra e
sono molto interessanti. Lu e Lo si godono la passeggiata nel
pomeriggio. Dopo la passeggiata tra le incisioni rupestri è
obbligatoria anche la visita all'interno del museo, dove si descrivono
la geologia della zona, la fauna e la vegetazione del presente e del
passato, la vita dei Sami e la loro storia. Ora Lu e Lo sono troppo
stanchi per rischiare di passare un'ora a cercare un posto dove
piazzare la tenda e si dirigono al campeggio di Alta. Considerati i
meravigliosi luoghi e gli enormi spazi visti le sere precedenti, il
campeggio appare ai loro occhi piuttosto squallidino, a poca distanza
da un trafficato incrocio. Ma la stanchezza, oggi, per la prima volta,
ha avuto il sopravvento! Il rumore, la stanchezza, la malinconia per
la presenza di umanità (nel campeggio non c'è nessuno ma lungo la
strada sì!) vengono prontamente ripagati quando ci fiondiamo sotto una
meravigliosissima doccia bollente che lava via la puzza e la
stanchezza degli ultimi giorni. Il bagno (soprattutto quello degli
uomoni, ove Lo ha stazionato per oltre 30 minuti) dovra' ora essere
decontaminato o isolato per i prossimi 200 anni, come le isole
dell'atollo di Bikini.
QUATTORDICESIMO GIORNO
La mattina
siamo svegliati alle 7.00 da un martello pneumatico che lavora a un
centinaio di metri da noi: le imprecazioni di Lo sovrastano il rumore
del martello pneumatico. Ma alle 8.30 è tutto finito e consumiamo in
santa pace la nostra ultima colazione a base di biscotti Maria. Ci
mancheranno in Italia! Per fortuna avremo Maria Cordini in carne e
ossa che ci terrà compagnia, quado riusciremo ad andarla a
trovare.
Torniamo verso il centro della citta': e' costituito da
una larghissima piazza pavimentata con le famose mattonelle di ardesia
che sono il prodotto principale di Alta. La città è piccola e il
centro è altrettanto piccolo. Lu vorrebbe pranzare in un tipico
ristorante Sami, ma non ce ne sono. Ci rimane proprio male, ma per
fortuna una simpatica ragazza della cartoleria (dove compriamo la
maglietta per il ciclista Tiziano di Avezzano e un pennarello) ci
indica un locale dove si fa "cucina creativa". A queste magiche parole
Lu si illumina vistosamente: "Cucina creativa?! Anzi, cucina creativa
nel nord della Norvegia?!! Fantastico!" Il timoroso Lo e' costretto ad
accompagnarla, ma riesce a cavarsela con un tutto sommato poco
creativo piatto di salmone e insalata, mentre Lu si bea con
gamberetti, coriandolo, salse e insalata, il tutto concluso con una
decadentissima formella di spugnoso cioccolato che rigurgita
cioccolato liquido ad ogni cucchiaiata. L'apoteosi!
Ora e' il
momento di dirigersi verso il ciclista trovato da Kine, che ha
promesso di avere messo da parte gli scatoloni per le bici. Il
ciclista scelto da Kine si rivela essere a soli 300 m dall'aeroporto,
per nostra enorme fortuna. Brava Kine! Poi via verso l'aereoporto con
gli scatoloni sotto il braccio (di Lo, ovviamente, perchè Lu è troppo
instabile con quei voluminosi oggetti in mano!).
Il
contachilometri del gps di Lo si ferma sui 953 Km (quello di Lu, piu'
ottimista, segna una ventina di km in piu' dovuti ad alcuni
attraversamenti su mare). All'aereoporto smontiamo le bici, Lo impreca
perchè i pedali non si smontano con facilità (diciamo pure che
sembrano saldati alla pedivella), e inscatoliamo per bene tutto il
bagaglio. Sono le 19.00, il volo sarà domani alle 7.30, che facciamo?
Una gentile signora della security, impietosita dall'abilissima Lu, ci
permette di dormire nell'aereoporto, anche se chiude a mezzanotte;
staremo sdraiati sulle panche del (mini)bar, in modo che non ci
dobbiamo dannare con tenda e scatoloni. Consumiamo la nostra ultima
cena sulla panchina dell'aereoporto tra sacchi e scatoloni. Pasta al
sugo e makrell concludono la nostra fantasticissima vacanza in
Norvegia.