Lu & Lo in the Artic

950 km di pedalata nel nord del nord, ossia a nord del circolo polare artico.

           30 Maggio-14 Giugno 2008


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Nuova avventura per Lu & Lo. Dopo il bellissimo viaggio in bici in Sardegna a fine aprile, si accorgono che in Italia sta per arrivare in grande caldo (come è normale da quando è finita la Piccola Età Glaciale e siamo in pieno riscaldamento globale): e' necessario un giretto nel nord del nord, ossia oltre il circolo polare artico.

IL GIORNO DELLA PARTENZA
La partenza e' traumatica. Bisogna arrivare a Malpensa partendo dalla casa di Pavia con le bici negli scatoloni di cartone e il bagaglio ultracompresso in due grandi sacche da granaglie del consorzio agrario di Borgorose. L'impresa e' drammatica, dopo il primo viaggio casa-stazione di Pavia in 8 minuti contro i 12 soliti, Lo torna a casa a prendere il resto del bagaglio e batte tutti i record al ritorno: 4 minuti con 20 kg di sacco da granaglie privo di spallaccio. Prossimo all'infarto acuto del miocardio, scopre che il treno è in ritardo...e per la prima volta da quando viaggia è contento! Alla stazione centrale di Milano nuovo principio di infarto a causa delle scale mobili rotte (come sempre) e dei cantieri: via via via, andiamo via da questo orribile posto!
A Oslo arriviamo con un discreto ritardo, dobbiamo anche ritirare bici e pacchi per passare la dogana: siamo fuori dall'UE, ci vuole il controllo di sicurezza prima del volo interno. Le bici vengono scaricate poco cerimoniosamente, lanciandole dall'aereo sulla pista. ARGH! Per fortuna entrambe riporteranno solo piccoli danni al portapacchi e niente di serio. Riusciamo in extremis a rifare il check-in e via di corsa al gate, mentre l'altoparlante dell'aereoporto ci sta gia' chiamando. Al security check ci sequestrano il pericolosissimo olio extra-vergine (50 ml in una bottiglietta di plastica da 500 ml: fatale errore, la bottiglia deve essere da massimo 100 ml indipendentemente dal contenuto!) e due barattoli di ragu' da 110 ml l'uno: sicuramente abbiamo intenzione di usarli per fare esplodere l'aereoplano. Arriviamo piegati al gate e la signorina impietosita chiede a Lo: "Is everything OK?". Lo risponde lapidario: "NO!"
Sull'aereo per Bodo siamo meno di 15 persone, ci accomodiamo in business class e ci riprendiamo rapidamente guardando i meravigliosi fiordi e i ghiacciai su cui voliamo. Iniziamo a temere il freddo, vedendo che il livello della neve e' piuttosto basso. Sul GPS l'orario del tramonto locale continua ad aumentare e quello dell'alba a diminuire, finche' (a nord del circolo polare) vediamo finalmente "Sunrise --:--" e "Sunset --:--". Niente tramonto ne' alba per due settimane!!
Arriviamo all'aereoporto di Bodo alle 00.30 e i bagagli arrivano subito. Si inizia a montare le bici e a sistemare le borse: tutto ha resistito egregiamente al trauma di due imbarchi e sbarchi! Arriva una gentile signorina che ci dice che l'aereoporto chiude: appena avremo finito dovremo uscire dalla porta che si chiudera' ermeticamente dietro di noi. Però ci lasciano dentro finchè non abbiamo finito di attrezzare le bici, che gentili! Usciamo dall'aereoporto all'una e mezza di notte: miracolo, c'è il sole all'orizzonte, sembra una qualunque serata! La luce e' normale e la gente passeggia a piedi e in bicicletta. Ci dirigiamo verso il centro della citta' e decidiamo di fermarci ad un alberghetto che incrociamo. Ottima scelta: molto confortevole, pulito e non costoso. Ci lasciano perfino mettere le bici al sicuro nella stanza dei bagagli (ma poi scopriremo che nel nord della Norvegia il furto non esiste!). La doccia e' spettacolarmente calda e il piatto doccia e' l'intero bagno con il pavimento riscaldato!! Il letto ha un fantastico piumone e ben presto perdiamo conoscenza grati dell'accoglienza.

PRIMO GIORNO
La mattina dopo, un'altra meravigliosa sorpresa: la colazione a buffet e' ricchissima e Lu e Lo, che hanno fatto l'ultimo pasto a Pavia, danno spettacolo avventandosi su cioccolata calda, pesce con ketchup, muesli, polpette di carne, succo di frutta, marmellata di mirtilli sul pane nero alle noci, fagioli al pomodoro, crema di cioccolato e yogurt da bere: tutto tracannato copiosamente in una luminosa sala in compagnia di pensionati e una allegra famigliola. Diventiamo ciccioni a vista d'occhio, ma avremo presto modo di smaltire tutto.
Il traghetto per le Lofoten e' nel pomeriggio e decidiamo di visitare la citta'. Lu si dirige all'ufficio informazioni (chiuso) e poi passeggia per il centro (che corrisponde praticamente a tutta la città), visitando i fornitissimi negozi di outdoor: ce ne sono più a Bodo (31000 abitanti) che nel Lazio e Abruzzo messi insieme (più di 6 milioni di abitanti). Lo va a visitare il museo dell'aviazione (l'unica vera attrazione di Bodo). C'e' un pezzo di un F16 che e' stato distrutto per uno scontro con un gabbiano e un antico simulatore di volo di un F104. Si vede che il museo non e' frequentatissimo e l'F104 li' presente non e' neanche chiuso: Lo avrebbe voglia di infilarcisi di straforo e provare a sedersi al posto di guida, ma poi si ricorda di avere 36 anni suonati e si trattiene. (È dentro di noi un fanciullino, diceva Pascoli...). Il museo incorpora una torre di controllo che domina anche l'aereoporto di Bodo.
Da li', Lo contatta via radio Lu e decidono di ritrovarsi ad una buffa fontana con un tricheco. Lo si diverte a cavalcare il tricheco come i bimbi locali (lo senti quel fanciullino che sta sempre dentro di noi?). Poi andiamo a comprare la teiera da campeggio ultraleggera (che in Italia non si era trovata in tutto il Piemonte e la Lombardia) e la benzina bianca per il fornello. Ora siamo prontissimi! Di corsa al porto dove ci aspettiamo il traghetto alle 16:30, ma oggi non c'e'! Nessuno in Norvegia pare conoscere gli orari dei traghetti, che pure qui sono un mezzo di trasporto importantissimo! Per fortuna c'e' una nave Hurtigruten che aspetta alcuni passeggeri ritardatari e ci saltiamo su al volo, anche se va a Stamstund e non a Moskenes, dove avremmo voluto iniziare il nostro giro.
Sulla Hurtigruten ci mescoliamo ai passeggeri che hanno un'eta' media di ottocento anni per gamba (in un angolo scorgiamo lo zio dell'uomo di Similaun). In effetti e' una crociera molto rilassante (=noiosissima!), anche se il panorama che si snoda intorno a noi e' bellissimo e alte montagne e scogliere a picco si stagliano nette contro il cielo plumbeo a poca distanza dalla nave.
Incontriamo un giovane svizzero che sta andando a Capo Nord in Vespa 125 da Berna, ma facendo le ultime tappe in nave. Ci mostra orgogliosissimo la sua funzionalissima Vespa e si vede proprio che e' un ingegnere meccanico: tutto il voluminosissimo bagaglio e' perfettamente organizzato. (Lu: "Lo, adoro gli svizzeri, adoro il loro ordine! Prendi esempio!") Ci racconta orgoglioso dei suoi viaggi intorno al mondo e di quando ha passato la notte in prigione nell'aereoporto di Mosca! Il nostro morale ha un duro colpo quando la pioggia battente inizia a rigare i vetri della nave, ma esultiamo di gioia quando scendiamo dalla nave e miracolosamente la pioggia smette.
Lu e Lo scendono trionfalmente dal traghetto, Lu con i sandali e Lo in maglietta ("Non saranno mica italiani?" si staranno chiedendo i norvegesi). Ci fermiamo sotto una tettoia a razionalizzare il bagaglio e ad abbigliarci in modo piu' consono al clima artico piovoso. Dopo 15 minuti, di cui 13 dedicati ai copriscarpe da ciclista-sub in neoprene da 4.3 mm, Lu è perfettamente coperta dallo scafandro che la salverà per tutto il viaggio da pioggia e vento artico. Decidiamo di fermarci ad un campeggio li' vicino perche' e' gia' piuttosto tardi e il tempo non e' bellissimo (anche se per ora non piove, per fortuna). Seguendo il suggerimento dello svizzero nella nave, decidiamo di affittare una hytte, un bungalow. E' un'ottima sistemazione e ci permette di stare al coperto e comodi e di non inumidire subito la tenda.
Al campeggio non c'e' nessuno e un cartello dice di premere un tasto su un telefono appeso alla reception. Il proprietario risponde dicendoci di accomodarci nella hytte numero 1a, tanto le chiavi sono nella toppa, lui verrà a registrarci l'indomani mattina. Ecco il nostro primo impatto con la bassissima densita' di popolazione norvegese (solo 4 milioni e mezzo di abitanti): figuriamoci se in Italia si potrebbe gestire in tal modo un campeggio, lasciandolo incustodito ma perfettamente funzionante e attrezzato, con la chiave di ogni bungalow a portata di tutti! In Italia porterebbo via anche le assi di legno....
La hytte e' molto carina e c'e' una fantastica doccia con pavimento riscaldato. C'e' perfino un angolo cottura dotato di pentole e piatti di ogni sorta (più di quelli della casa di Pavia!) e ci cuciniamo una fantastica pasta al sugo prima di collassare nei letti.

SECONDO GIORNO
La mattina dopo si deve risolvere un piccolo problema tecnico: le funzionalissime (?!) borse sub-sferiche di Lu finiscono di continuo nei raggi. Lo si da' da fare e crea un impalcatura in fibra di carbonio-canapa (due pezzi di legno legati con lo spago) che da' un tocco di classe alla magnifica bici-Lu. Si parte sotto un cielo plumbeo ma con un panorama splendido (per quel che si vede sotto la quota delle nubi, circa 150 m sul livello del mare) lungo le deserte stradine delle Lofoten: brughiere e torbiere a perdita d'occhio, pareti rocciose nere interrotte da cascate e da lingue di neve che degradano verso il mare. Le macchine sono una rarita' e si puo' tranquillamente pedalare affiancati (proprio come lungo la nazionale adriatica...).
Dietro una curva incontriamo un canadese solitario con la bici da corsa che sta smontando la tenda. Lui e' quasi alla fine del suo lungo giro e ci chiede informazioni sui traghetti. La bici da corsa non ha porta-pacchi e quindi lui gira con un carrellino con bandiera canadese! Il suo bagaglio è perfetto ("Lo, adoro i canadesi, come sono ordinati!").
Ci fermiamo ad uno sperduto paesino con la chiesetta sulla spiaggia per un breve intervento oftalmologico: Lu dagli occhi calamita-per-insetti ha colpito ancora. Oggi e' una pedalata molto lunga, ma decidiamo lo stesso di fare una lunga deviazione nell'isola Gimsoya. Ne vale la pena, perche' e' un posto bellissimo e isolatissimo. Ci fermiamo a mangiare su una spiaggia in riva al mare aperto, cercando inutilmente di vedere le balene! ("Lo, le balene - tranne l'orca - vivono in mare aperto, non lungo la costa"). Lo sguardo spazia sul mare tra le distanti isolette... Dopo il pranzo Lo deve fare una corsetta munito di carta igienica: il vento gelido gioca brutti scherzi. Approfittiamo della sosta per visitare una spettacolare scogliera dove le onde si frangono violentemente, che spettacolo.
Tornati in sella, dopo pochi km siamo accolti da una puzza mostruosa "Lo, te li sei lavati i piedi ieri?!" "Lu, potevi anche cambiarti la maglietta!!!". "Lorenzuccio mio, guarda che io non sudo nemmeno alle Maldive, la puzza viene dai tuoi scarponi fetidi" No! Si tratta di distese intere di pesci senza testa messi a seccare su impalcature di legno!! Lo spettacolo e' notevole: sembra una vigna dove nascono merluzzi invece di grappoli d'uva.
La pioggerellina delle ore precedenti diventa pioggia fitta e ininterrotta e la pedalata diventa sempre meno piacevole, anche se siamo interamente foderati di gore-tex (ma il gore-tex di Lo fa acqua da tutte le parti...). Per fortuna i nostri bagagli sono quasi tutti impermeabili, perche' ben presto la pioggia diventa fortissima. Quasi....perchè il mitico borsello anteriore di Lu, contenente carta d'identità, patente, macchina fotografica, binocolo e banconote di corone norvegesi ed euro, è totalmente permeabile. Lu ne pagherà le conseguenze di lì a poco.
La temperatura non e' bassa e quindi possiamo sopravvivere. Ci fermiamo ad un paesino e Lu entra decisa in un negozio di DVD e chiede "I'd like some salt, please". Il povero commesso ci guarda sbigottiti ("Accidenti, non ho mica chiesto della cocaina, solo un po' di sale per la pasta") e non capisce; per fortuna una sua collega un po' meno imbranata ci "presta" un po' di sale preso dallo stand degli hot-dog. Evviva! Possiamo salare la pasta stasera (sempre che riusciamo ad accendere un fuoco per cuocerla in mezzo al nubifragio!) Ci si vorrebbe fermare a mangiare una fetta di torta nell'accogliente pub di fronte, ma si decide di rimandare a Svolvaer. Qui ci fermiamo in un bellissimo localino sul porticciolo ed entriamo gocciolanti a chiedere una torta e un succo di mele: ci voleva proprio e ci rilassiamo nel locale carino degustando un mattonazzo di brownie con densita' pari ad una stella di neutroni. Ora ha smesso di piovere troppo forte e ne approfittiamo per continuare...ma Giove pluvio punirà la nostra impavidità! Ci fermiamo ad una casetta per chiedere l'acqua e la signora gentile ci offre anche una bottiglia aggiuntiva che useremo molto. Purtroppo non ci offre la torta di mirtilli.
Ormai stiamo pedalando da oltre 100 Km e Lo non ne puo' piu'!!! Ha ripreso a piovere fortissimo e stiamo per avere una mutazione a ritroso per tornare allo stadio di trilobiti. Sicuramente non e' il caso di montare la tenda sotto questo nubifragio. Per fortuna c'e' un campeggio che e' distante meno di un paio di anni luce: ci potremo fermare li'. Lo trascina stancamente la sua carcassa fino al camping dove affittiamo una hytte. Riusciremo ad usare la tenda per il suo scopo, o ci servira' solo come ferma carte per evitare che le bici volino via? Nella hytte Lu apre il borsello frontale della bici e...tataratà, la carta d'identità è intrisa d'acqua! Idem le corone norvegesi, gli euro, le fotocopie delle carte stradali, la macchina fotografica. Solo la patente si salva: si sa, per un viaggio in bici la patente è fondamentale! Oggi e' il 2 giugno (giorno in cui, nei piani originari avremmo dovuto sposarci), e quindi decidiamo che bisogna sposarci! Matrimonio bagnato, matrimonio fortunato! Per fortuna Lo ha l'anello di Lu, e quindi ci si sposa nella hytte sotto la pioggia battente, scambiandoci l'anello con la frase rituale. Speriamo, pero', che la nostra vita familiare sia un po' meno tempestosa di questa giornata di matrimonio! Ora che siamo sposati fra noi, si trattera' solo di sposarsi davanti a Dio e agli uomini, ma e' solo una formalita' (o no?!).

TERZO GIORNO
La mattina dopo il tempo e' migliorato un po' e proseguiamo ai piedi di spettacolari montagne. Lo vorrebbe farci una passeggiata, ma Lu ha le scarpe da bici e non sono molto adatte ai sentieri. L'asfalto finisce improvvisamente, ma proseguiamo sullo sterrato che costeggia tutta l'isola. Lo indica un uccello e Lu pianta una clamorosa inchiodata e inizia una frenetica ricerca del binocolo, ma dove si sara' cacciato!? E' un aquila di mare e Lu e' al settimo cielo: il suo spirito ora si libra piu' in alto della suddetta aquila, che incurante della nostra ammirazione si allontana in larghi cerchi verso le montagne all'orizzonte.
Ci si ferma a gonfiare la bici di Lu vicino ad un antico relitto di un galeone pirata (o forse un peschereccio marcio?) e Lo ci si avventura alla ricerca del tesoro (ricordarsi sempre del fanciullino che è in noi, che nel frattempo è diventato l'amichetto di Frida, la mia nipotina di 3 anni). Lu e' pronta con la macchina fotografica a immortalare l'inevitabile caduta in mare, ma rimane con un palmo di naso!
Ci si ferma a mangiare ad un piccolo villaggio di pescatori in mezzo al nulla su una scogliera. Le nubi si diradano, arriviamo a Fiskebol per prendere un traghetto e, mentre aspettiamo, arriva il sole! Evviva! Il viaggio in traghetto e' spettacolare in mezzo a queste isole bordate da basse montagne innevate e piene di ghiacciai. L'azzurro del cielo e il bianco della neve contrastano con il verde intenso dei prati e il blu del mare. In lontananza si scorge una stranissima montagna a tronco di cono. Scesi dal traghetto facciamo una rapida spesa e regaliamo meta' dell'ingombrante pacco di carta igienica ad uno stupito immigrato nordafricano che non capisce bene cosa vogliamo da lui, finche' Lo gli mette in mano i rotoli di carta igienica. Si parte nuovamente verso il nulla prendendo una miserrima strada che si perde in mezzo alle fattorie.
Lu inchioda: ha visto un chiurlo, un buffo uccello con il becco lungo. Lo approfitta della pausa avicola per riprendere fiato, mentre Lu lancia alti guaiti: "Perche' non abbiamo portato l'enciclopedia degli uccelli d'europa e nord-africa?!" (non si sa mai che qualche ibis eremita capiti da queste parti). Pare che questa sia una imprescindibile opera in tre comodi volumi formato A3 rilegati in pelle e lamina d'acciaio, appositamente studiata per i trekking in bici.
Ci fermiamo ad un pub accanto ad una enorme nave tirata in secca e trasformata in museo (chiuso), dove Lu mangia birra e patatine mentre Lo controlla freneticamente la posta elettronica perche' aspettava le proofs di un paper e deve urgentemente mandarle al buon Vittorio. Oddio, ha scritto anche Seth per il brevetto! Ma come, Seth scompare per mesi e proprio oggi vuole chiudere la storia del brevetto da registrare??? Lo si dispera e in 90 minuti fa ciò che abitualmente fa in 6 ore di lavoro!
Si prosegue, anche se ormai e' tardi, ma il fatto che il sole non tramonta mai ci permette di non avere orari. Ovviamente prendiamo una strada secondaria e arriviamo ad un promontorio sperdutissimo. Ci si divide per cercare un posto tenda, tenendoci in contatto radio. Anche se il territorio e' vastissimo e completamente libero, ci accorgiamo presto che non c'e' posto per la tenda. E' praticamente tutto brughiera o torbiera umidissima (per non dire marcia) su cui e' impossibile piantare la tenda, almeno se non se ne possiede una galleggiante. ("Lo, te l'avevo detto che il nord della Norvegia è tutto torbiere, torbiere e torbiere! Ma hai capito di che parlo? Sfagni, muschi su suolo impregnato di acqua, ambiente ipogeo anaerobio...hai capito o no?" "Eeeh?"). Lo vuole solo trovare un posto per la tenda, nulla più. Alla fine troviamo un posto spettacolare su un tappeto di sfagni spesso venti centimetri. Lu scopre di aver lasciato il materassino a Pavia, ma stasera non serve proprio!
La gloriosa tenda Invicta Duna di Lu vede finalmente la luce del sole norvegese. Dopo la (solita) pasta al sugo andiamo a letto alle 11 passate, ma c'e' ancora il sole alto nel cielo. Lo adotta la strategia della mascherina sugli occhi, Lu sfida la luce e quasi non chiude occhio.

QUARTO GIORNO
La mattina dopo scopriamo che il panorama dalla tenda e' spettacolare: davanti a noi il fiordo si apre verso il mare aperto con un cielo azzurro-artico che contrasta il mare blu-capri. Fantastico, ci schiodiamo a fatica! Proseguiamo per la strada secondaria in mezzo a sperdutissimi fiordi. Ancora una volta, l'asfalto finisce proprio nel punto piu' bello e proseguiamo lungo una sterrata costeggiata da casette piccolissime, tutte in legno colorato di rosso o di verde, una più bella dell'altra. Alcune casette sembrano semplici basi d'appoggio dei pescatori, altre sono palesemente seconde case tipo cottage: meno male che i norvegesi sono solo 4 milioni e mezzo, pensa che scempio edilizio ci sarebbe stato se fossero stati 56 milioni come noi italiani (che infatti lo scempio l'abbiamo già fatto).
Ci fermiamo su un lago a pranzare; il sole e' fortissimo anche se l'aria è gelida e ci ustioniamo visibilmente. Ora si tratta di tagliare l'isola verso l'interno e ci accolliamo una discreta salita: la temperatura scende notevolmente e ci troviamo presto a pedalare con il gore-tex costeggiando in discesa un lago che e' ancora parzialmente gelato.
A Sortland ci fermiamo a fare rifornimento in una stazione di benzina dove si vendono anche generi alimentari, e facciamo amicizia con una carina norvegese che dice che verra' in Italia quest'estate a visitare Venezia. "It's very hot and very crowded!" le dice Lu temendo già per la sua incolumità di turista-di-luglio-a-Venezia!
Compriamo due buste di pesce secco: e' uno snack tipico di qui molto proteico. Il pesce della busta blu e' strepitoso e diventerà il cibo preferito di Lu dopo il makrell fillet. Il pesce della busta rossa, invece, è provvisto di pelle e squale che perseguiteranno Lo per tutto il resto del giro, dal momento che Lu si rifiuta di mangiarlo: ogni boccone va masticato due elevato alla sessanta volte, mettendo a dura prova il muscolo massetere che va incontro a ipertrofia. Annaffiamo il pesce secco con un litro di latte al cioccolato gelato e concludiamo la merenda con un fantastico hot-dog di 5 cm di calibro affogato nel ketchup. Incredibile, Lo il puro, ha improvvisamente desiderato e COMPRATO un hot dog ricoperto di ketchup, quanto di più pesante, calorico, ipercolesterolemico sia stato mai prodotto dall'uomo (dopo le salsicce abruzzesi sotto strutto). Lu coglie la palla al balzo e può improvvisamente soddisfare i suoi desideri di gola repressi da anni a causa di Lo e si compra anche lei un hot dog, il tutto consumato su un tavolino da picnic delicatamente ventilato da un gelido venticello artico. La combinazione pesce-lattecioccolato-hotdog-ventogelido accende una reazione termonucleare a fusione nello stomaco di Lo il puro, e si deve provvedere a istituire un recinto di contenimento.
Fortunatamente la giornata si rivelerà ancora molto lunga e Lo avrà modo di digerire il tutto. Quella che doveva essere una semplice tappa di trasferimento si rivela una tappa del tour de France: un errore di stampa della carta ha nascosto una ventina di km rispetto alla destinazione scelta a priori. Dopo aver pedalato per quasi 100 km dobbiamo fermarci nel nulla e di nuovo si scatena la caccia-radio al posto tenda in mezzo alla torbiera. Ci troviamo alla fine di una valle spettacolare all'imbocco di un fiordo. Un sentiero si dirige verso alcune casette disperse lungo il torrente, che non sono raggiunte dalla strada. Di nuovo dormiamo sul tappeto di sfagni circondati da betulle nane.

QUINTO GIORNO
La mattina ci alziamo piuttosto tardi sotto un fantastico sole e, poco dopo la partenza, assistiamo al volo di due aerei cargo G222 in formazione che volano radenti al terreno in mezzo ai fiordi. Chissa' come si divertono i piloti! Lo sogna ad occhi aperti di essere lassù con i piloti. "Lo, restiamo coi piedi sui pedali e andiamo!"
Riusciamo finalmente a concludere il trasferimento fino all'isola di Andoya attraversando un bellissimo ponte, oltre il quale un bar di pescatori spinge Lu a prendere un caffè e un paio di gaufre norvegesi. Nell'astinenza forzata, il caffè norvegese, simile a una broda colorata con un vago retrogusto di caffè, è per Lu il meglio del meglio. Com'è vero che tutto è relativo! Lo ha lo stomaco ingessato dagli ottimi biscotti norvegesi avuti a colazione (i mitici "Maria", icona del viaggio e fonte continua di citazioni a Maria Cordini) e soprassiede.
Dobbiamo puntare su Andenes, nord secco, 0°, dritti verso il polo nord, ma Lu decide di fare l'ennesima deviazione lungo una strada secondaria, anche se in realtà le strade principali sono assolutamente prive di veicoli. La deviazione punta a 180°, ossia verso l'Antartide. Lo protesta vivacemente ma la scelta di rivela ottima ("Lo, te l'avevo detto che dovevamo fare la deviazione!"). Ben presto, infatti, ci troviamo fuori dal mondo, pedalando lungo il fiordo su una strada sterrata quasi invasa dalle betulle. La pedalata e' piacevolissima, il vento è stranamente a favore (certo, viene da nord e noi andiamo a sud!) e la temperatura e' ideale
. La punta sud dell'isola e' una bianchissima spiaggia che si lancia nel bluissimo mare. Pochi metri e puntiamo di nuovo verso nord. Sembra proprio di essere a Stintino, peccato che si senta ora quel famoso vento da nord che ci ricorda che siamo piu' vicini al polo che a Stintino, e che invita a rintanarsi sotto quaranta centimetri di piumone piuttosto che fare i pagliacci in bicicletta.
Ci fermiamo a mangiare su una bellissima scogliera in riva al mare. Mangiamo il nostro amato pesce secco iperproteico e l'ottimo makrell fillet i tomat in scatola, spaziando il mare infinito dinnanzi a noi.
Uno spruzzo! Lo ha visto qualcosa. "Lu, passa il binocolo! ...e' una foca!!" Superaction! Il binocolo rivela la testolina grigia a macchie nere che ci guarda incuriosita. Il pranzo viene prontamente dimenticato e passiamo ore a guardare le foche focheggiare davanti a noi. Sono tantissime! Ne contiamo almeno una decina in un tratto di mare di circa 300 m. Quando finalmente ci schiodiamo dalla spiaggia per continuare (si e' fatto veramente tardi), quelle emerite si mettono a saltare fuori dall'acqua e a spruzzarsi a vicenda. Sembra stiano giocando fra loro saltando una sull'altra! Naturalmente ci dobbiamo fermare nuovamente a guardare: che buffe!
In tutta la zona non c'e' anima viva se non noi, le foche e un'aquila di mare che ci volteggia sopra a lungo. Questa e' vita!!
Continuiamo verso nord ancora su sterrata. Quando torniamo nella civiltà, Lo fa una volata fino al negozio di alimentari promesso dalla cartina, mentre Lu rimane (in contatto radio) a guardare altre due aquile posate sulla scogliera. Il negozio, che in realtà è una stazione di servizio, chiudeva alle 16.00 (orari noridici, la tragedia per Lu che vive ancora con gli orari spagnoli), ma per fortuna arriva il proprietario e gentilmente ci apre per fare una rapida spesa. Oltre ai soliti biscotti Maria, Lo, che da Bodo non desidera altro che la torta di mirtilli, ha la brillantissima idea di comprare il succo di mirtillo, una zuppa di melassa dolcissima e densissima che e' bevibile solo se diluita venti volte. Il mezzo litro di succo di mirtillo diventa quindi una decina di litri di sbobba che ci perseguitera' per i giorni a venire. Meglio mangiare direttamente foglie, frutti e radici di Vaccinium mirtillus, sicuramente sono più digeribili.
Anche se e' gia' tardi, continuiamo a pedalare verso nord sfruttando la notte artica, perche' vorremmo arrivare alle porte di Andenes (alla punta nord dell'isola) per poter andare l'indomani a fare whale-watching.
Appena fuori da un paese di pescatori, Lo si ferma ad indicare a Lu un paio di "pellicani" che giocano poco distante. Macchè pellicani, Lo, non riconosci la fisionomia dei rapaci! Sono aquile di mare, e sono a non piu' di 50 m da noi, sulla riva del mare! Tre aquile di mare, tre vicine a noi! Lu pianta un'inchiodata che solleva l'asfalto e si tuffa nella sua borsa per pescare il binocolo. Le aquile sono ferme su uno scoglio a gustarsi la loro cena di pesce. Mentre Lo guarda col binocolo, si accorge che uno dei sassi si muove: è una lontra europea (Lu, legno, dopo essersi consultata con il suo mito Luigi Boitani, dice "Lutra lutra") o qualcosa del genere; è a due passi dall'aquila e si vede che questo la mette piuttosto a disagio (l'aquila, invece, la degna appena di uno sguardo). Rimaniamo a lungo a vedere questi elegantissimi animali, finche' si alzano in volo radente al mare e si allontanano distinte.
Continuiamo verso nord, lungo una strada ai piedi di paretoni rocciosi verticali che saranno come minimo un 8a da scalare. La purezza della roccia è meravigliosa, così come lo è la purezza delle spiagge ai loro piedi. Si srotolano panorami vari e bellissimi nella luce calda della gelida serata artica. Siamo obbligati a fermarci in continuazione a fare foto.
Pedaliamo a lungo alla ricerca di un posto idoneo per la tenda che sia, come al solito, non troppo esposto al vento e prenda sole sia la sera che la mattina.
Alla fine ci fermiamo sulla spiaggia in mezzo alla base missilistica di Andoya, da dove vengono lanciati razzi metereologici. Speriamo non decidano di spararne uno stasera, altrimenti rischiamo di scuocere la pasta! Lu tergiversa fino a mezzanotte per fare la foto al sole alto sull'orizzonte; nell'attesa della mezzanotte manda un SMS a Chiara Scuvera per farle gli auguri di compleanno. L'entusiasmo di Lu viene drammaticamente smorzato dalla risposta della Scuvera: "Io e Michela non faremmo mai un viaggio così, neanche se ci pagassero!" "Chiara, Michela, non sapete cosa vi perdete!!!!! Però vi voglio bene lo stesso!" Lu allora inizia a mandare messaggini a Pasquale e a papà e mammà, sicuramente più sensibili al fascino del viaggio in bici rispetto a Chiara e Micuz. Intanto il tempo passa e, nonostante la luce diurna, Lo collassa nella tenda, devastato dalla stanchezza: potrebbe anche partire un missile proprio sotto la tenda e spararlo in orbita e lui non si sveglierebbe neanche!

SESTO GIORNO
La mattina ci svegliamo molto prima delle solite 9.30 e schizziamo verso Andenes, poco distante: pare che il whale watching sia alle 11:30, ma bisogna arrivare prima per prenotarsi. In realta' ci dicono che oggi il giro sara' alle 17, ammesso che ci sarà. Decisamente hanno un approccio sudamericano all'orologio qui ad Andenes! Decidiamo di rilassarci in citta' (città, diciamo paesino, visto che in tutta l'isola di Andoya abitano poco più di 5000 persone) e Lo si addormenta al sole in una balena (un teschio che biancheggia nel porto), mentre Lu gironzola in cerca di una borsa anteriore per la bici che garantisca l'impermeabilità assoluta.
Andiamo all'ufficio informazioni turistiche dove una signora gentile, ma completamente ignorante, ci propina un sacco di informazioni false: orari di traghetti sbagliati, passi montani "invalicabili in bici" (si tratta di collinette di 400m), tratti di strada non percorribili a causa dell'enorme traffico di tir e macchine, la "strada piu' trafficata della Norvegia" (che si rivelera' assolutamente deserta).
Finalmente ad Andenes Lu potrà realizzare il desiderio che insegue da Bodo: mangiare il pesce norvegese non in scatoletta né secco ma cucinato in un ristorante; a fatica Lo accetta la proposta; Lu è al settimo cielo e prende la sua agognata bistecca di pesce con una squisita salsa e croccanti pallette di pancetta affumicata abbrustolite ("Che delizia lo stuzzicante contrasto tra il pesce e il bacon, cosa darei per rimangiarlo in futuro!"), Lo assaggia lo stufato di renna e lo apprezza molto. Il ristorante e' tutto per noi (i nostri orari sono decisamente poco allineati con quelli locali) e ci divertiamo un sacco, il pranzo e' buonissimo e, dopo tante pastacce al sugo in scatola, al makrell in scatola e al tonno in scatola, ci sentiamo nuovamente nella civilta'.
Alle 15 ci presentiamo speranzosi al museo del whale watching, dove un efficientissimo tedesco e un improbabile ragazzo italiano che fa da guida anglofona (Mattia) ci fanno fare la visita del museo. Ci divertiamo un sacco a vedere il museo, un po' ingenuo, descritto dall'inglese maccheronico di Mattia. Chissa' come e' finito qui! Stranezze del viaggiare...
Le balene che vivono da queste parti sono le sperm whales, i capodogli (quelli di Moby Dick), cioe' le balene dentate piu' grandi. La visita al museo si conclude con una proiezione di diapositive sull'isola di Andoya. Ci sono foto molto belle, ma alla duemilaquattrocentododicesima foto di coda di balena, l'auditorio inizia ad entrare in coma depasse' e la motivazione per il giro di whale watching scema a vista d'occhio. In effetti quando appaiono le due improbabili guide a dire che il giro e' stato cancellato per il brutto tempo, non c'e' un grande lamentio! In effetti, anche se in paese il tempo e' bellissimo (solo una leggera brezza gelida), pare che in mare aperto ci sia un vento fortissimo e ci verrebbe mal di mare a tutti (senza contare che e' difficile vedere le balene se ci sono onde alte quattro metri). Un turista tedesco prova timidamente ad insistere, ma la guida tedesca dice di non farsi illusioni: il vento qui puo' essere talmente forte da ribaltare le automobili! Peccato! Niente whale watching, allora si riparte per la prossima isola!
Via di corsa al porto a prendere il traghetto per Grillefjord. Sul molo ci divertiamo a scalare un bellissimo peschereccio attraccato. Sul traghetto siamo solo noi in compagnia di un gruppo di motociclisti tedeschi che ruttano a manetta. Una volta a bordo ci rendiamo conto che il capitano della whale watching boat ha fatto bene a cancellare l'uscita: appena fuori dal porto siamo bersagliati da un fortissimo vento che alza onde altissime e scuote il traghetto da cima a fondo!! Ci divertiamo a stare dietro il ponte di comando a guardare le onde e a sentire le vibrazioni dei colpi che prende il traghetto, e veniamo ripetutamente lavati dagli spruzzi pur essendo a quasi venti metri di altezza (al terzo o quarto piano della nave)! Lo spettacolo della potenza del mare e' incredibile. Oggi e' una bellissima giornata, solo un po' ventosa: chissa' come deve essere terrificante questo mare quando e' in tempesta?! Ci sforziamo inutilmente di vedere balene all'orizzonte, ma dopo poco ci dobbiamo rintanare sotto coperta perche' il vento ci ha segato fino alle ossa. Forse avremmo dovuto assicurare le nostre biciclette come avevano fatto i motociclisti con le loro moto.
Per fortuna, i nostri catastrofici timori non si avverano e il nostro materiale non si disperde per tutta la stiva. Appena si entra nello spettacolare fiordo dell'isola di destinazione, il mare si placa. Arriviamo così sull'isola di Senja a Gryllefjord, un villaggio in fondo alla strada, all'unica strada che arriva a questo fiordo (il traghetto c'e' solo per un paio di mesi l'anno). Usciamo dalla nave e via, in un paio di km siamo di nuovo in mezzo al nulla.
Decidiamo di superare un passo e di fermarci appena dopo, ma di nuovo, nonostante siamo in una piana infinita, non troviamo alcun posto asciutto per piantare la tenda: torbiere, torbiere e ancora torbiere che si alimentano delle acque di scioglimento delle nevi che circondano la pianura ("Che ti aspettavi, Lo, il deserto di Atacama in versione amisfero nord? Qui siamo in Norvegia, non siamo mica in Cile!")
Proseguiamo a lungo (meno male che oggi doveva essere la giornata di svacco!), ma ne vale la pena: troviamo un posto asciutto su una scogliera in mezzo al nulla, vicino ad un enigmatico cartello. Che dira'? Lu manda un SMS a Kine per chiederle la traduzione mentre Lo decide che il posto va bene in ogni caso, anche se a una ventina di metri c'è una scogliera a picco alta 30 metri circondata da una misteriosa rete metallica di due metri di altezza. Mentre banchettiamo con l'immancabile pasta al sugo arriva la risposta di Kine, palesemente preoccupata della nostra scelta: il cartello dice "Attenzione: imbocco di miniere pericolose", dove siete finiti?! In effetti, la scogliera alta 30 metri sovrasta un enorme e oscuro braccio di mare che doveva essere l'imbocco della miniera. Chissà che labirinto di gallerie marine ci sarà sotto di noi! Il posto comunque e' bellissimo ed e' necessario fare un paio di foto panoramiche notturne con luce diurna.

SETTIMO GIORNO
La mattina approfittiamo delL'acqua del torrente che sgorga direttamente dalla roccia (come tutti quelli incontrati durante il viaggio) e del tiepido sole per lavarci con il sapone biodegradabile: che bello il pediluvio gelido!! A Lo si staccano entrambi i piedi per il gelo e deve ri-attaccarseli con lo scotch. Lu sguazza a lungo allegramente.
Proseguiamo lungo la strada principale e ci troviamo di fronte ad una collina mostruosa....mostruosa nel vero senso della parola: la collina e' stata trasformata in un orrendo mostro che tiene in una mano una barca rovesciata. Si tratta del Troll piu' grande del mondo. Ci fermiamo per un caffe' e una fetta di torta. Dopo svariati giorni senza il caffè della moka, Lu inizia ad apprezzare il caffè norvegese (forse per disperato bisogno di caffeina?): a differenza della broda bevuta per sette mesi nei motel inglesi, quello norvegese sa proprio di caffè e lascia in bocca un ottimo aroma, non quel retrogusto di cadavere tipico del caffè inglese.
Al cospetto del monumento al troll Lo si ricorda della cartolina per sua sorella moster, chissa' come mai? Il bar e' circondato di buffissime statue di troll e di mostri molto kitsch. Lo si arrampica dentro la bocca di un mostro: ora e' letteralmente masticato da un mostro (di solito e' masticato solo in senso metaforico da quel mostro di Lu).
Nel fiordo dopo il troll, Lu pianta la sua tipica inchiodata-da-avvistamento-faunistico. E' una famigliola di renne!
Attraversiamo un ponte sospeso che taglia un fiordo in cui la corrente è fortissima: ci credo, la marea deve riempire un volume enorme perchè il fiordo e' lungo parecchi chilometri!! Potenza della marea...
Deviamo su una strada secondaria e ci dirigiamo verso un passo: Lu scatta avanti, mentre Lo (stracarico) innesta il rapportino e macina la catena ammirando i torrenti che scendono lungo le montagne-panettoni. Il passo culmina a fianco ad un lago che e' ancora in parte gelato. Una lunga, gelidissima galleria ci porta ad un bellissimo fiordo dall'altra parte della montagna. Spettacolo! L'uscita dalla galleria, la vista che spazia sul quel meraviglioso fiordo, l'aria leggermente più tiepida di quella della galleria (siamo passati da 3 a 9-10 gradi), la luce accecante e soprattutto la discesa in totale assenza di macchine ci inducono ad accelerare al massimo. Che meravigliosa sensazione di libertà!
Pedaliamo lungo la costa punteggiata da piccole hytte di pescatori, ci spostiamo da un fiordo all'altro e, sempre verso le tre del pomeriggio (Lu ama conservare gli orari spagnoli acquisiti in sei mesi di movida sivigliana, anche oltre il circolo polare!), ci fermiamo a pranzare di fronte ad una falesia altissima da cui cade un'enorme cascata che fa un volo di centinaia di metri, finche' l'acqua si disperde al vento. Chissa' d'inverno che candelone mostruoso che viene! Lo già sogna di essere lì nella gelida notte artica a scalare con ramponi e piccozza. Chissà quanto piacerebbe a Simone un candelone del genere! Peccato che sarebbe da fare tutto al buio!
Proseguiamo e ci troviamo di fronte a delle aguzze montagne che sembrano la dentatura di un drago che spunta dal mare! E' evidentissima l'origine glaciale di queste valli le cui propaggini hanno bordi arrotondati. Alla dieci sera, non contenta della lunga tappa di oggi (tanto c'è luce!), Lu decide di fare una breve deviazione verso un fiordo che dalla carta stradale sembra essere veramente remoto. La "breve" deviazione risulta essere un passo di quasi 300m di quota su strada interamente sterrata. Oltre il passo la strada va a finire nelle proprieta' private delle poche case li' presenti (esattamente sei case lungo alcune decine di chilometri di costa del fiordo). Dopo aver cercato invano un posto dove campeggiare, Lu socializza con un ragazzo e chiede ospitalita' alla sua famiglia: possiamo dormire sulla favolosa spiaggia a ridosso del giardino. Chiacchierando con il ragazzo scopriamo che alcune delle famiglie di questo sperduto fiordo vivono qui tutto l'anno! Ma come fanno ad andare a scuola i bambini e i ragazzi in inverno? Semplice: motoslitta fino alla strada asfaltata oltre il passo e poi scuolabus....perchè qui gli scuolabus funzionano alla grande!
Montiamo la tenda e ci svacchiamo al sole a cucinare sulla battigia, meravigliosamente riparata dal vento articolo che ci ha sferzato il volto tutto il giorno. La vista e' bella, la luce artica ancor di più, ma Lo e' totalmente devastato e collassa presto nel sacco a pelo.
OTTAVO GIORNO
La mattina Lu sfida il gelo del profondo nord: impavida, entra con i piedi in acqua e si fa fare la foto; la sua eloquente smorfia fa comprendere che le sue estremita' inferiori stanno per termalizzare alla temperatura del condensato di Bose-Einstein. Rifacciamo il passo in senso inverso per arrivare al traghetto che ci porterà sulla terraferma, ma scopriamo che dovremo aspettare quasi 5 ore (nota: la signora dell'ufficio informazioni di Andenes aveva detto che ce n'era uno ogni due ore sette giorni su sette: nulla di più falso! Forse la signora voleva mettere alla prova la nostra stabilità di coppia dandoci orari tutti sbagliati che tipicamente fomentano liti furibonde tra i coniugi).
Lu chiede aiuto alla signora del Kiosk per vedere se c'e' un pescatore che ci puo' accompagnare al di là del breve braccio di mare, ma inutilmente: tutti gli abitanti del villaggio, circa 300, sono impegnati alla fiera. Lo si svacca al sole mentre Lu va a far visita a questa curiosa fiera locale, che si svolge in una casa che è una sorta di centro ricreativo pubblico del villaggio. Tutti i presenti tranne uno parlano norvegese, Lu è l'unica straniera e, dato il suo abbigliamento da ciclista e il fenotipo tipicamente mediterraneo, non passa inosservata...peccato che non riesca a comunicare! Però, al momento di fare i complimenti per i waffel con la marmellata, si fa benissimo capire a gesti.
Lu chiama Lo per radio: Lo non può perdersi questo interessantissimo spaccato di vita norvegese. Le signore vendono le calze e i guanti fatti a mano nelle gelide notti invernali, i fiori di carta e di legno, le candele profumate, i saponi fatti a mano.
Nel giardino della casa si mangia e si chiacchiera allegramente sotto un meraviglioso sole. Lo prende un ottimo stufato di patate, carote e carne, Lu invece si lancia su una crema di riso, latte e zucchero che potrebbe essere usata per stuccare tutte le crepe del ghiacciaio del Lys. Dopo essersi cosi' intonacata lo stomaco, decide di passare a un secondo pià soddisfacente: sul prato di fronte alla casa c'e' una grigliata da cui si diffonde un odore di carne abbastanza familiare a Lu (non certo a Lo!). Interrogato da Lu, che nonostante l'odore sognava di gustare il makrell alla brace, il grigliatore dice ridendo che loro mangiano pesce 7 giorni su 7, e quindi quando è festa si danno a qualcosa di veramente eccezionale, la carne di maiale. Noooo, la carne di maiale no! Però in Norvegia si deve provare tutto per capire fino in fondo lo spirito dei norvegesi, quindi Lu prende una salsiccia con l'insalata: niente male, anche se per raggiungere la bontà delle salsicce di Franco il macellaio di Rende, i norvegesi devono ancora fare molta strada.
Piu' di una persona, accogliente, ci rivolge la parola ma tutti, tranne due, parlano solo norvegese. Uno di questi ha la faccia e l'abbigliamento vagamente da prete, sarà il pastore del villaggio, l'altro è una simpatica ragazza che parla un perfetto American English; noi le raccontiamo la nostra meraviglia nel vedere così poche macchine, così poche case, così tanti luoghi probabilmente non violati da piede umano; la ragazza ci racconta ridendo della sua visita a Roma: e' rimasta impressionata dal caos e dalla quantita' e densità di esseri umani, macchine e autobus: "Bellissimi i monumenti e i musei - dice - ma cinque giorni sono stati sufficienti e dopo avevo voglia di tornare qui". E ci credo!
Nel cielo azzurro svolazza un'aquila di mare attaccata da un gabbiano e da una cornacchia: forse qui la pressione e' piu' alta per gli animali selvatici che per gli uomini.
Alle 16.45, dopo oltre cinque ore di attesa (spese ottimamente a conoscere la cultura di un remoto villaggio norvegese), il traghetto parte e salutiamo questa straordinaria isola di Senja, la piu' selvaggia e monumentale delle isole viste finora. Sono finite le isole e ora saremo sulla terraferma.
Una bella tappa di trasferimento (con un gelido passo a 300 metri di quota) ci porta alla citta' di Tromso che e' su un'isola in mezzo ad un fiordo. Ci si arriva con un ponte con una manica a vento e un indicatore che dice la velocita' del vento. Mentre passiamo noi il vento è a soli 7 m/s, e quindi rischiamo solo di essere surgelati vivi ma non di essere spazzati via dal ponte.
Per la prima volta vediamo il cielo nuvoloso. Ci fermiamo lungo la costa dell'isola di Tromso, ai piedi del parco cittadino, per una rapida e gelida cena davanti ad uno spettacolare "tramonto" artico: le nuvole corrono sulle basse montagne imbiancate di neve. Notiamo con un certo terrore che sulle montagne della terraferma la neve è a quote molto più basse che sulle isole. Non sarà forse un indicatore del fatto che sulla terraferma fa più freddo che sulle isole? ("Certo, Lo, le isole sono lambite dalla corrente del Golfo, l'entroterra no! Ma noi dobbiamo arrivare ad Alta, costi quel che costi.")
Dopo la cena a base di pasta e sugo al makrell fillet (ma va? Che novità!), cena che si rivelerà una delle più gelide e ventose di tutto il viaggio, al punto da avere le lacrime per il vento e il freddo, ci dirigiamo in centro attraversando l'unico semaforo di tutto il viaggio: un solo semaforo in 960 km di strada. Visto il freddo, l'ora (le 23.00: Lo è già in coma depassè a quest'ora) e la stanchezza, decidiamo di dormire in un albergo. Dopo un po' di ricerche, andiamo all'albero dove tre estati fa pernottarono i genitori di Lu, anche se nel frattempo ha cambiato nome. Ci accoglie una fantastica stanza con pavimento del bagno riscaldato e letti con piumone. Dopo svariate notti in tenda il letto con piumone è un'assoluta goduria! Sfatti dalla stanchezza, crolliamo nel sonno profondo nonostante l'ascensore passi proprio accanto alla nostra stanza (e meno male che Lo avevo chiesto la stanza più silenziosa dell'edificio!).
NONO GIORNO
La mattina ci lanciamo sulla colazione a buffet e nuovamente diamo spettacolo: pesce col ketchup, fagioli, polpette, succo di frutta, muesli e yoghurt vengono ingurgitati alla velocità della luce in mezzo al vociare di una allegra e chiassosa comitiva di centroafricani al tavolo accanto al nostro (che ci faranno qui?)
Dopo un po' di svacco siamo pronti a partire, ma prima ci fermiamo per un caffe' e un waffel sul lungomare. Qui veniamo avvicinati da un cicloturista belga, Franklin, arrivato a Tromso il pomeriggio prima ma ancora a piedi perchè la SAS gli ha perso la bicicletta e tutto il bagaglio. Sorseggiando il caffè si chiacchiera un po' dell'itinerario (Franklin è diretto a Capo Nord e passerà sicuramente per Alta) e dell'attrezzatura; Lu, con un ingenuo sorriso, giustifica le nostre pittoresche bici, le sue borse tutte rotte, i rinforzi con assi di legno, l'abbigliamento da alpinismo di Lo con la frase "You know, we're very rough.." che passera' alla storia per il resto dei nostri giorni!
Salutato Franklin, attraversiamo il ponte per tornare alla terraferma. E' attorniato da pescherecci d'altura russi traboccanti di boe colorate. Ci incamminiamo lungo la strada che va a sud. E' molto trafficata (sempre proporzionalmente agli standard norvegesi: il traffico di questa strada è pari a 10 alla -23 di quello della Cristoforo Colombo a Roma); comunque la strada e' affiancata da una strada secondaria dove non passa nessuno nel vero senso della parola: a parte il rumore dei tir, ci sembra di essere ancora perduti nel nulla.
Ci fermiamo su una spiaggia a pranzare. Lu tira fuori ben due varietà di makrell comprate alla coop di Tromso: "Come farò in Italia senza il makrell?" Lo si dovrà adeguare al nuovo regime alimentare di Lu a base di pesce e verdura. Il panorama sul fiordo e' fantastico, dobbiamo dividere l'intera spiaggia solo con una famigliola all'estremo opposto. Le bimbe giocano in magliettina a fare i castelli di sabbia mentre noi siamo imbacuccati nel gore-tex, che è divenuto la nostra seconda pelle; pero', nonostante il blu del mare, nemmeno la famigliola autoctona si avventura nelle gelide acque.
Proseguiamo ancora lungo la strada secondaria, che a un certo punto da strada bianca diventa sentiero e da sentiero diventa boscaglia pura. Dobbiamo quindi prendere la strada principale sollevando le bici oltre il guardrail (ma quanto pesa la bici di Lo? Come mai non ha ancora avuto un collasso gravitazionale?). Dopo alcuni chilometri lungo la strada trafficata (vale sempre il principio di 10 alla -23 di cui sopra) imbocchiamo una deviazione secondaria (secondarissima) lungo la sponda opposta del fiordo sulla cui spiaggia settentrionale abbiamo pranzato. Quindi, dopo 3-4 ore di pedalata, ci troviamo a due km in linea d'aria dalla suddetta spiaggia: evviva i fiordi!!
Per fortuna la pedalata merita e non passa assolutamente nessuno sulla strada. Ci fermiamo a dormire poco oltre l'estremità interna del fiordo, in un fondovalle abbastanza riparato dal vento.

DECIMO GIORNO
Meno male che abbiamo scelto di pernottare nel fondovalle ai margini del bosco, perche' la notte fa un freddo veramente tremendo e al mattino le colline intorno sono decorate da neve fresca. Ora si punta dritti verso nord e decidiamo di prendere il versante ovest del prossimo fiordo (anche se poi ci tocchera' prendere un traghetto) perche' sembra la strada piu' isolata e perche' speriamo nel sole, che invece rimane nascosto dietro le nuvole.
Superiamo un facile passo contornato da colline dove le cascate stanno iniziando nuovamente a ghiacciare e raggiungiamo facilmente il microscopico porticciolo da cui partirà il prossimo traghetto taglia-fiordo. Ci fermiamo a mangiare al porto l'ormai immancabile makrell e, fortunatamente, mentre mangiamo le nubi vengono spazzate via dal vento ed esce il sole. Il panorama intorno al fiordo è straordinario! A differenza delle isole, qui sulla terraferma i fiordi sono circondati da foreste di betulla, non da brughiera. La brughiera, invece, colonizza le pendici dei monti.
Al porto un signore ci avvicina, ci chiede da dove veniamo e dove andiamo (siamo very proud del nostro viaggio e del nostro modo di viaggiare!) e ci conferma che, nonostante il freddo, abbiamo fatto bene a venire ora. Dice che da meta' giugno in poi tutta quella zona e' impraticabile a causa delle zanzare. Noi siamo arrivati quando fa ancora troppo freddo e le uova non sono state ancora deposte. In effetti, nonostante siamo attrezzati contro le zanzare in stile Canada-Regione dei Grandi Laghi (di cui Lu conserva ancora il ricordo a 26 anni di distanza), non ne vedremo neanche una per tutto il viaggio.
All'uscita del traghetto ci avviamo sulla "strada piu' trafficata della Norvegia" secondo la signora dell'ufficio informazioni di Andenes (che non ha mai visto la famosa Cristoforo Colombo di cui sopra). E qui il nostro stupore raggiunge il massimo: a parte qualche raro tir e camion, il traffico qui è pari a quello della Cristoforo Colombo elevato a -46. Rinfrancati da tale constatazione, ci dirigiamo tranquilli a nord godendoci la pedalata rilassante.
Per la sera troviamo una spiaggetta accanto ad un antico pontile in legno, di fronte ad un'isoletta completamente disabitata da dove i resti di spettacolari slavine scendono fino al mare. Nuovamente il posto e' bellissimo e ci godiamo una cena a base di fagioli che ci permette di avere il riscaldamento a metano in tenda per stasera! ("Lo, sei semplicemente disgustoso" "Lu, non sono stato io, sara' stato qualcun'altro!", gia' ma chi altro c'e'?!).

UNDICESIMO GIORNO
Il giorno dopo si cerca di partire di buon mattino e non a orari spagnoli: oggi avremo da fare il passo a 400 m, invalicabile in bici a detta della ormai famosa signora di Andenes (che non è mai fatto a maggio in giornata il tragitto Pavia - Santa Margherita Ligure facendo il Passo del Brallo a 900 m, scendendo a 200 m nel fondovalle del Trebbia e risalendo a un altro passo a 1100 m di cui non abbiamo memorizzato il nome a causa della precoce degradazione dei neuroni).
La salita non è troppo pendente e all'inizio si pedala molto bene; quando ci si avvicina alla cima la temperatura crolla e ben presto ci si trova a pedalare vestiti a cipolla con strati termici gore-tex. Lu indossa anche il mitico passamontagna-sottocasco e gli occhiali antivento, lasciando scoperta solo la punta del suo naso alla Cyrano De Bergeraq. Lo sguardo spazia lontano lungo il fiordo e si vedono in lontananza le cime ghiacciate delle montagne sulle isole disabitate di fronte a noi. Intorno a noi la brughiera è completamente coperta di neve e le creste dei monti sopra di noi sono costellate da impressionanti cornici di neve e ghiaccio (chissa' che vento!). Lo spettacolo dal valico e' mozzafiato, ma lo e' anche il vento gelido e decidiamo di scendere senza indugio, prima di avere gli alveoli polmonari ibernati stile animazione sospesa.
Sotto al passo ci fermiamo ad una cascata dove Lo si cimenta in una scalata sulla pericolosa e friabile roccia per fare rifornimento di acqua. Il genio riempie la bottiglia e la lancia giu' per non dover scendere portandola a mano e risalire. La bottiglia esplode fragorosamente e rimaniamo solo con la fedele dromedary, che tra l'altro da qualche giorno perde acqua dal tappo principale.
Stasera non e' semplice trovare un posto per dormire e Lo si accolla un bel "giro di peppe" lungo una strada secondaria che non arriva da nessuna parte. Alla fine Lu trova un bel posto riparato da una collinetta proprio sulla riva del fiordo a qualche centinaio di metri di distanza dal ponte del fiordo. Ceniamo godendoci i giochi di luce che il sole della serata artica compie con le nuvole basse che corrono veloci all'orizzonte. La notte trascorre tranquilla e senza vento in un continuo stridìo di gabbiani che si azzuffano sull'acqua e sulla spiaggia. Che bello dormire così!

DODICESIMO GIORNO
La mattina osserviamo un evento assolutamente surreale, visto il contesto in cui ci troviamo. Alle 9.00 una signora anziana, sulla spiaggia, ha acceso un fuoco e cosa fa con questo fuoco? Brucia alcuni oggetti probabilmente della casa, incluso un materasso. Si, la signora elimina i rifiuti ingombranti bruciandoli sulla spiaggia. Com'è possibile che nella civilissima Norvegia ci siano ancora persone - anche se anziane - che non sfruttano la raccolta dei rifiuti ingombranti porta a porta? Intanto la presenza dell'anziana donna mette a disagio Lu che, come tutte le mattine, vuole la più assoluta provacy per svuotare il proprio intestino. Privacy e tempo, due fattori indispensabili che proprio oggi, giorno di instabilità intestinale da prugne secche, sono indispensabili. Soluzione? Accucciarsi al centro dell'unica betulla nana di tutta la spiaggia. Così è, se vi pare.
Oggi la fatica inizia a sentirsi, partiamo molto tardi, le gambe sono dolenti e pedaliamo lentamente. Il tempo si e' un po' degradato, cade qualche gocciolina di pioggia ma fortuna non viene a piovere ("E poi, Lo, qui non può piovere: siamo prossimi alla città con la precipitazione totale annua più bassa di tutta Europa").
Dopo un passo a circa 150 m di quota, in fondo alla discesa Lu punta il primo kiosk di tutto il giorno e decide di fermarsi lì per il caffe' del mattino, anche se sono ormai le 17.30: dopo quasi due settimane di sole che non tramonta mai i nostri ritmo biologici sono completamente sballati. Il posto e' graziosissimo e c'e' una ragazza Sami che ci serve la brownie più buona sulla faccia della terra, preparata da lei stessa (come tutti i dolci lì presenti). Parla molto bene l'inglese e ci racconta che la gente Sami e in generale tutti coloro che vivono lì da poco tempo si stanno rendendo conto di quanto siano fortunati a vivere in un posto cosi' spopolato. Dice con voce di compatimento: "You have to cue everywhere", "Voi dovete fare file ovunque!". Questa frase, nella sua semplicità, è un ritratto perfetto della nostra vita quotidiana in Italia, come avremo modo di sperimentare appena toccheremo terra a Malpensa. Tra una chiacchiera e l'altra, Lu punta con occhi famelici una forma di pane nero alle noci che la ragazza ha appena sfornato e un paio di fette di torta di mele. Mai acquisto fu migliore di questo (dopo il makrell, s'intende!). Il pane e'ancora caldissimo e la ragazza Sami ci raccomanda di farlo raffreddare all'aria aperta. Sembra molto preoccupata del fatto che il suo lavoro possa essere rovinato da noi maldestri... Le assicuriamo che lo faremo raffreddare appropriatamente tenendolo in una sacca aperta (certo che si raffredda con questo freddo!) e ne siamo ricompensati: è senza dubbio il pane piu' buono che abbiamo mai mangiato e ce lo gusteremo la sera con il makrell fillet, il parmigiano e soprattutto da solo! Le nostre papille gustative si risvegliano da un lungo letargo atrofico e intonano un peana celebrativo.
Dopo la sosta al kiosk proseguiamo il percorso lungo il fiordo, ma Lu pianta la sua tradizionale inchiodata. Che avra' mai visto? Una renna-che-fu, ovvero un cranio, munito ancora del palco di corna, che Lo, munito di scarponi, e' perentoriamente mandato a recuperare. Lu vorrebbe legarlo alla sua bici come trofeo, ma e' un po' ingombrante e il progetto viene (fortunatamente) abbandonato. Però non manca la saga delle foto con il cranio!
Raggiungiamo il punto piu' a nord del nostro viaggio: il gps segna 2220 Km dal polo nord! Sono le 21.00, vorremmo fermarci a dormire ma è difficile trovare un posto idoneo; dopo aver girato a lungo alle pendici di un accampamento di Sami che posseggono colorate bancarelle al passo, troviamo un posto isolato sulla spiaggia poco distante da un villaggio costiero di pescatori. Un branco di renne, guidate da una renna con un colossale sistema di corna, pascola a 30 metri dalla nostra tenda e due aquile di mare svolazzano sopra di noi mentre ceniamo ben oltre le dieci di sera: niente male qui. Peccato che questa spiaggia, a differenza degli altri siti dove abbiamo pernottato, non sia affatto riparata dal vento e il tagliente vento da nord che ci obbliga a rimanere al riparo della tenda per tutto il tempo. Bisognerebbe metterne da parte un po' per le torride notti di luglio a Pavia!

TREDICESIMO GIORNO
Mancano poche decine di km alla meta finale, la citta' di Alta, ma ormai siamo veramente stanchi e questa si rivelera' una tappa molto impegnativa.
Lungo quella che doveva essere "la strada più trafficata di tutta la Norvegia", dove passano solo alcuni camper tedeschi, belgi, svizzeri e finlandesi, incontriamo l'unico cantiere stradale di tutto il viaggio: su 960 km, un cantiere stradale e uno solo. Sembra quasi di essere sulla ben nota strada statale 106 "Ionica": anche lì c'è un solo cantiere, peccato che si estenda quasi con continuità su 600 km da almeno 15 anni a questa parte.
Enormi ruspe e scavatrici stanno allargando la strada a picco sul fiordo. A un certo punto un camion si mette di traverso proprio davanti a noi; Lo tenta di superarlo pensando che stia facendo manovra, l'autista lo sgrida con un perentorio, disperato "Stop!" Cosa avrà mai fatto il povero Lo (detto anche il pirata della strada)? La risposta non si fa attendere: nel giro di due minuti la montagna esplode fragorosamente e una frana di sassetti delle dimensioni di uno scuolabus si abbatte sulla strada. Hanno fatto scoppiare una mina a 100 m di distanza da noi! Una enorme scavatrice libera la strada in pochi minuti e possiamo procedere timidamente, anche se ora siamo un po' piu' cauti e discreti!
Dopo circa tre ore di faticosa pedalata eccoci finalmente ad Alta, dove ci attende la foto di rito sotto il cartello della citta'.
Ma la passione di Lo non e' ancora conclusa, visto che Lu ha deciso che non abbandonerà Alta prima di aver visitato per intero il museo all'aperto di incisioni rupestri, patrimonio UNESCO. Il museo si rivela essere molto carino ("Carino? Ma se è un capolavoro artistico dell'umanità, come puoi definirlo semplicemente carino?") e Lo riesce anche ad evitare che Lu entri in "modalita' museo". Il museo e' una passeggiata lungo la meravigliosa brughiera intervallata da rocce montonate su cui, fra 6000 e 3000 anni fa, gli abitanti del luogo incisero disegni di vario tipo. Per renderli piu' evidenti, gli archeologi li hanno ritoccati con vernice colore ocra e sono molto interessanti. Lu e Lo si godono la passeggiata nel pomeriggio. Dopo la passeggiata tra le incisioni rupestri è obbligatoria anche la visita all'interno del museo, dove si descrivono la geologia della zona, la fauna e la vegetazione del presente e del passato, la vita dei Sami e la loro storia. Ora Lu e Lo sono troppo stanchi per rischiare di passare un'ora a cercare un posto dove piazzare la tenda e si dirigono al campeggio di Alta. Considerati i meravigliosi luoghi e gli enormi spazi visti le sere precedenti, il campeggio appare ai loro occhi piuttosto squallidino, a poca distanza da un trafficato incrocio. Ma la stanchezza, oggi, per la prima volta, ha avuto il sopravvento! Il rumore, la stanchezza, la malinconia per la presenza di umanità (nel campeggio non c'è nessuno ma lungo la strada sì!) vengono prontamente ripagati quando ci fiondiamo sotto una meravigliosissima doccia bollente che lava via la puzza e la stanchezza degli ultimi giorni. Il bagno (soprattutto quello degli uomoni, ove Lo ha stazionato per oltre 30 minuti) dovra' ora essere decontaminato o isolato per i prossimi 200 anni, come le isole dell'atollo di Bikini.

QUATTORDICESIMO GIORNO
La mattina siamo svegliati alle 7.00 da un martello pneumatico che lavora a un centinaio di metri da noi: le imprecazioni di Lo sovrastano il rumore del martello pneumatico. Ma alle 8.30 è tutto finito e consumiamo in santa pace la nostra ultima colazione a base di biscotti Maria. Ci mancheranno in Italia! Per fortuna avremo Maria Cordini in carne e ossa che ci terrà compagnia, quado riusciremo ad andarla a trovare.
Torniamo verso il centro della citta': e' costituito da una larghissima piazza pavimentata con le famose mattonelle di ardesia che sono il prodotto principale di Alta. La città è piccola e il centro è altrettanto piccolo. Lu vorrebbe pranzare in un tipico ristorante Sami, ma non ce ne sono. Ci rimane proprio male, ma per fortuna una simpatica ragazza della cartoleria (dove compriamo la maglietta per il ciclista Tiziano di Avezzano e un pennarello) ci indica un locale dove si fa "cucina creativa". A queste magiche parole Lu si illumina vistosamente: "Cucina creativa?! Anzi, cucina creativa nel nord della Norvegia?!! Fantastico!" Il timoroso Lo e' costretto ad accompagnarla, ma riesce a cavarsela con un tutto sommato poco creativo piatto di salmone e insalata, mentre Lu si bea con gamberetti, coriandolo, salse e insalata, il tutto concluso con una decadentissima formella di spugnoso cioccolato che rigurgita cioccolato liquido ad ogni cucchiaiata. L'apoteosi!
Ora e' il momento di dirigersi verso il ciclista trovato da Kine, che ha promesso di avere messo da parte gli scatoloni per le bici. Il ciclista scelto da Kine si rivela essere a soli 300 m dall'aeroporto, per nostra enorme fortuna. Brava Kine! Poi via verso l'aereoporto con gli scatoloni sotto il braccio (di Lo, ovviamente, perchè Lu è troppo instabile con quei voluminosi oggetti in mano!).
Il contachilometri del gps di Lo si ferma sui 953 Km (quello di Lu, piu' ottimista, segna una ventina di km in piu' dovuti ad alcuni attraversamenti su mare). All'aereoporto smontiamo le bici, Lo impreca perchè i pedali non si smontano con facilità (diciamo pure che sembrano saldati alla pedivella), e inscatoliamo per bene tutto il bagaglio. Sono le 19.00, il volo sarà domani alle 7.30, che facciamo? Una gentile signora della security, impietosita dall'abilissima Lu, ci permette di dormire nell'aereoporto, anche se chiude a mezzanotte; staremo sdraiati sulle panche del (mini)bar, in modo che non ci dobbiamo dannare con tenda e scatoloni. Consumiamo la nostra ultima cena sulla panchina dell'aereoporto tra sacchi e scatoloni. Pasta al sugo e makrell concludono la nostra fantasticissima vacanza in Norvegia.